Sul Corriere della Sera continua il dibattito legato alla scuola e in particolare alla valutazione degli insegnanti. Interviene il professore di Italiano e Latino presso il Liceo Scientifico Leonardo da Vinci di Milano, Marco Ricucci, che si sofferma proprio su quest’ultimo argomento.
“Premiare il merito è cosa sacrosanta e giusta, ma non può essere ridotta, ad esempio, al bonus, cioè una manciata di pochi euro post tassazione, previsto dalla Buona Scuola di Renzi” dichiara.
“In tutto il Nord del Paese, mancano docenti, soprattutto nella materie scientifiche: i migliori preferiscono far carriera nel privato rispetto a un posto fisso malpagato, rispetto alla media europea, anche se osannato in un film di Checco Zalone. La quota 100, oppure l’opzione donna, hanno permesso a molte maestre e professoresse di andare in pensione, o, con più schiettezza, di andare in fuga da una scuola sempre più burocratizzata e con carichi di lavoro maggiori di matrice pedagogico-amministrativa, a seguito di una serie di (pseudo)riforme” aggiunge.
“Una buona parte del corpo docente è composto da migliaia di laureati, privi di una adeguata preparazione professionalizzante per insegnare, o mandati allo sbaraglio, come i concorrenti alla Corrida di Corrado, su migliaia di posti di docenti di sostegno, per seguire alunni diversamente abili, rispetto alla strettissima minoranza che ha seguito un corso iperselettivo di specializzazione post lauream” prosegue.
“Occorre depoliticizzare il dibattito, per risolvere problemi strutturali della scuola partendo dall’esistente, sfoltendo per esempio la moltitudine di acronimi dietro i quali si nasconde la «fuffologia» nazional-educativa” spiega.
“Dobbiamo attendere un Draghi dell’Istruzione? Per avere bravi docenti, occorre una seria preparazione universitaria, un percorso di formazione iniziale per apprendere sia a livello teorico le competenze, disciplinari, pedagogiche, didattiche, psicologiche, metodologiche, tecnologiche e riflessive, da applicare, allo stesso tempo, in un tirocinio serio nelle scuole sotto la supervisione di docenti esperti della stessa scuola, come se andassero a bottega: questi, però, dovrebbero avere un riconoscimento economico serio oppure uno sconto dal monte ore di servizio” continua.
“Inoltre, ci vuole un solo canale per essere reclutati e non, come ora, mille modi: chi non entra dalla porta (il concorso ordinario), entra dalla finestra (concorsi riservati, immissioni ope legis, ecc…). Così nella scuola entra di tutto: avvocati in crisi, architetti che hanno chiuso lo studio, donne che vogliono un lavoro realmente compatibile con lo status di madre, sfaccendati, chi è stato licenziato da una industria, chi non lavora più in una casa editrice. E così via. Mentre solo se i futuri docenti saranno adeguatamente formati e selezionati ci potrà essere un rinnovamento reale della scuola italiana e, di conseguenza, della società” conclude.