È stato rilevato in Europa il primo caso del cosiddetto “vaiolo delle scimmie“, una rara malattia infettiva che ha diverse caratteristiche in comune col più grave vaiolo, la cui eradicazione è stata ufficialmente comunicata dall’OMS nel 1979. Ad essere contagiato un ufficiale della Marina, rientrato in Inghilterra dalla Nigeria, dove l’ha contratta.
La trasmissione avviene a seguito del contatto con animali selvatici infetti attraverso graffi, morsi e fluidi corporei, in particolar modo roditori africani. Purtroppo però la malattia può anche passare da uomo a uomo.
I sintomi principali sono febbre, debolezza, vomito, linfonodi ingrossati e un caratteristico rush cutaneo simile a quello provocato dal virus Variola maior, con vesciche, papule e croste su tutto il corpo. Per fortuna la letalità della malattia è inferiore a quella del vaiolo, ovvero circa del 10%, a differenza del vaiolo che ha una percentuale di mortalità pari al 30%.
Cos’è il Vaiolo delle Scimmie
Il vaiolo delle scimmie è una rara zoonosi, ovvero una malattia infettiva trasmessa dagli animali legata al virus Monkeypox (MPV), individuato per la prima volta nel 1958 in alcuni esemplari di macaco cinomolgo (Macaca fascicularis). Il virus, appartenente al genere Orthopoxvirus (famiglia Poxviridae), è molto simile a quello del vaiolo e il suo contenitore naturale è costituito da roditori africani, ratti del Gambia (Cricetomys gambianus), scoiattoli del genere Heliosciurus e Funisciurus e ghiro (Graphiurus).
La malattia però può essere trasmessa anche da cani della prateria, che furono infatti nel 2003 colpevoli della trasmissione del virus a 71 persone negli Stati Uniti. Il contagio avviene attraverso la manipolazione della carne di animali infetti, il contatto diretto con essi o con oggetti contaminati o con una persona infetta e benché le possibilità di contagio da uomo a uomo siano limitate la trasmissione del virus è comunque possibile. Il primo caso di contagio umano fu osservato nel 1970 nella Repubblica Democratica del Congo (ex Zaire).
I sintomi
L’incubazione del virus, cioè il periodo che intercorre tra l’esposizione al virus e il manifestarsi dei suoi sintomi, è di circa 10 giorni. La sintomatologia dura generalmente dalle 2 alle 5 settimane e ha caratteristiche simili a quelle del vaiolo. Dolori muscolari, crisi di vomito, febbre, brividi, sudorazione e ingrossamento dei linfonodi precedono le eruzioni cutanee, che normalmente si presentano su tronco e volto ma possono estendersi anche ai palmi delle mani e alle piante dei piedi. Le macchie sulla pelle si trasformano velocemente in papule, che evolvono in vescicole e infine in pustole che si staccano.
La letalità della malattia è pari al 10% ed è dovuta all’alta presenza di agenti patogeni nell’organismo, che portano a sepsi, perdita di proteine ed elettroliti con conseguente disidratazione, edema polmonare e scompenso cardiaco.
Diagnosi e cura
La diagnosi della malattia è confermata con esami di laboratorio. Al microscopio ottico è possibile osservare la degenerazione dei cheratinociti (cellule della pelle), mentre con la reazione a catena della polimerasi o PCR è possibile far emergere la presenza del DNA virale.
Purtroppo ad oggi non esiste una cura specifica contro il vaiolo delle scimmie, tuttavia il farmaco antivirale Cidofovir può dare dei benefici. È possibile tuttavia contenere i danni effettuando la vaccinazione contro il comune vaiolo,che è effettuabile entro 14 giorni dal contagio.
Diffusione della patologia
Il vaiolo delle scimmie generalmente è stato riscontrato in aree tropicali dell’Africa centrale e occidentale, e solo eccezionalmente negli Stati Uniti e in Europa. Nel 2003, come anticipato, si ammalarono circa 70 persone negli Stati Uniti. Il contagio fu causato da un ratto del Gambia infetto importato da un negozio di animali del Texas, che trasmise il virus ad alcuni cani della prateria, che a loro volta lo passarono agli esseri umani attraverso graffi e morsi.
Per quanto riguarda l’Europa, al momento è stato registrato un unico caso, nel 2018. La malattia è stata contratta in Africa e il paziente ha manifestato i sintomi dopo alcuni giorni dal ritorno in patria. È stato subito ricoverato presso il Royal Free Hospital di Londra e le persone che hanno viaggiato sullo stesso volo da Lagos sono state tenute sotto osservazione, per scongiurare il rischio di epidemie.