Il recente studio di Nicola Grandi, responsabile del dipartimento di filologia classica e italianistica dell’Alma Mater, ha evidenziato preoccupazioni significative riguardo alle abilità linguistiche degli studenti universitari italiani.
In risposta a una lettera del 2017 inviata da seicento professori a figure politiche di rilievo, che lamentava le carenze linguistiche degli studenti, sono stati avviati gli sforzi del progetto UniverS-Ita, come riportato da La Repubblica.
Coinvolgendo 2137 studenti provenienti da 45 atenei, l’indagine li ha chiamati a redigere un testo di massimo 500 parole sui temi legati alla pandemia. I risultati, valutati sia da un algoritmo che da correzioni umane, hanno rivelato un’allarmante uniformità nelle capacità espressive e una marcata difficoltà nello sviluppare contenuti complessi. In modo sorprendente, il 50% degli errori riguardava la punteggiatura, evidenziando una carenza nella capacità di utilizzare la lingua in modo articolato.
Grandi ha sottolineato l’impatto delle nuove tecnologie nel declino linguistico, attribuendo la scrittura frammentata e superficiale all’uso frequente di chat e social media. Questo contrasta con la tradizionale scrittura riflessiva e strutturata praticata a scuola, generando una situazione in cui gli studenti scrivono di più, ma in modo meno efficace.
Lo studio ha anche rivelato che gli studenti dell’area umanistica e coloro che leggono molto mostrano maggiori competenze linguistiche. Inoltre, c’è una correlazione tra la padronanza dell’italiano e le condizioni socio-economiche, indicando una scarsa mobilità sociale. Interessante è anche il divario di genere, con le studentesse che commettono meno errori rispetto ai loro colleghi maschi.
Durante il prossimo convegno, si discuteranno possibili soluzioni, con particolare attenzione al ruolo della scuola e dell’università, dove si scrive sempre meno rispetto al passato. Il confronto tra competenze linguistiche e condizioni socio-economiche solleva questioni di equità nell’educazione, mentre la differenza di genere apre dibattiti sulla diversità di approccio all’apprendimento tra maschi e femmine.