In Italia è possibile esprimere la propria opinione, oppure si rischia di venire repressi? È questa la particolare vicenda avvenuta a Carpi che coinvolge un ragazzo, l’ Istituto tecnico industriale statale Da Vinci e Facebook.
Il ragazzo frequenta il quarto anno di scuola superiore ed è dunque rientrato nel progetto di alternanza scuola lavoro. Dopo aver trascorso il primo giorno di alternanza in una ditta metalmeccanica, lo studente ha pubblicato un post in cui ha criticato sia l’azienda che il personale scolastico. Il suo gesto è stato punito duramente: 6 in condotta.
Il preside dell’Itis Paolo Pergreffi ha voluto esprimere la sua opinione sulla vicenda: “Nel post lo studente faceva riferimento all’alternanza scuola lavoro come condizione di sfruttamento. Lamentava di non essere pagato per mansioni che considerava ripetitive. Questo proprio il primo giorno in azienda, quando le imprese, tra le prime caratteristiche che chiedono c’è la buona educazione, al di là delle competenze tecniche. Evidentemente la presa di posizione è dovuta a convinzioni ideologiche sull’alternanza scuola lavoro, probabilmente antecedenti rispetto all’inizio del periodo in azienda”.
La decisione di dare all’alunno il 6 in condotta è stata presa dal consiglio di classe che ha voluto dare un segnale forte. Il ragazzo va molto bene a scuola e negli scrutini di Gennaio ha riportato buoni voti. Il giudizio del 6 in condotta è stato espresso a Marzo, è quindi un giudizio intermedio. Il brutto voto quindi non andrebbe a pregiudicare la promozione dello studente, ma sarebbe solo un ammonimento per sperare in un’inversione di rotta riguardo al suo comportamento.
Gli insegnanti hanno ritenuto inappropriato il post sia nei confronti dell’azienda che del corpo docenti. La notizia però ha scosso molto il comitato Sisma.12 che si è schierato dalla parte del ragazzo. Aureliano Mascioli, che fa parte del comitato, ha dichiarato: “Quello della scuola che sanziona con il 6 in condotta il ragazzo che ha espresso il suo pensiero è un atteggiamento
repressivo e antidemocratico. Ci siamo già scontrati con questo tipo di atteggiamento che le istituzioni hanno sempre verso i terremotati. La scuola non deve prestarsi a questi metodi di intimidazione”