Siamo davvero un paese messo male

Il dibattito sulla scuola, soprattutto nelle ultime settimane e negli ultimi giorni, alla vigilia dello sciopero generale, è arrivato a livelli davvero indegni.

 

Al di là degli slogan demagogici e falsi che nutrono la retorica del prossimo sciopero, e anche ben al di là del pressapochismo governativo, siamo arrivati alle mail denigratorie inviate da anonimi a tutti gli indirizzi istituzionali dei Dirigenti scolastici firmatari di un documento di supporto critico al DDL.

 

Operazione chirurgica, visto che a me nulla è arrivato, non avendo io firmato quel documento, pur condividendone gran parte dei contenuti. Oltre a ciò, anche il sindacato al quale appartengo, e che in questo momento non mi rappresenta, ha ritenuto opportuno inviare mail di “richiamo istituzionale” ai Dirigenti scolastici inclini a non scioperare, e firmatari dello stesso documento di cui sopra.

 

Io non sciopererò.

 

Gli attacchi al DDL continuano a rappresentare la scuola come centrata sui docenti, autoreferenziale, ripiegata su sé stessa. Tutto è visto dalla prospettiva dell’insegnante o, a voler dar credito agli slogan, del Dirigente: quanti posti in più, quanti in meno, chi resterà fuori, perché resterà fuori, dove andrà, cosa farà, chi lo sceglierà. Chi potrà non sceglierlo. La scuola non può essere governata secondo le regole che presiedono all’organizzazione di un centro per l’impiego.

 

Il lavoro di un insegnante è prezioso. Non lo può fare chiunque. E chi lo fa non può farlo per sempre.

 

siamo un paese messo male
siamo un paese messo male

 

Il nostro è invece un sistema ingessato. Garantisce il ruolo minimo dell’insegnante. Garantisce anche chi sta a scuola per passare il tempo in attesa dello stipendio. Garantisce anche chi questo lavoro proprio non lo sa fare e potrebbe essere molto più utilmente collocato altrove, ma non in classe. E ciò vale anche per i Dirigenti scolastici: se, come ci ricordano sempre gli ineffabili slogan di questi giorni, siamo pieni di Dirigenti scolastici scorretti e nepotisti, ciò accade perché siamo evidentemente pieni di docenti scorretti e inadeguati (non potendo essere nepotisti).

 

Veniamo entrambi dalla stessa sorgente. A monte sta la madre di tutti i problemi: le modalità di formazione, reclutamento e valutazione in itinere di docenti e dirigenti. In una scuola che continua a guardarsi l’ombelico, vorrei più garanzie per gli studenti, titolari del diritto costituzionale più pregnante, quello del diritto allo studio e al successo formativo, rispetto al quale la libertà di insegnamento e le tutele contrattuali sono solo elementi “funzionali”, e non isole di autoreferenzialità.

 

Esprimo solidarietà ai colleghi Dirigenti scolastici firmatari del documento in oggetto e ai docenti che, a casa o nelle piazze, si battono quotidianamente per una scuola migliore. Ma non sciopererò, ritenendo gli argomenti della rivendicazione sindacale vuoti, retorici e improntati al più retrivo conservatorismo. Uno su tutti: la difesa delle graduatorie.

 

Meccanismo molto simile ad una lotteria amministrativa, priva di reali garanzie in ordine a merito, competenza, qualità e deontologia di chi arriva, quasi per diritto divino, a contendersi cattedre, spezzoni di cattedra, brandelli di classi e materie. Tutto è centrato sui lavoratori della scuola, titolari addirittura del “diritto al completamento”, e si capisce che i sindacati vogliano difendere tale logica: è quella che garantisce loro, nelle pieghe di inefficienza del sistema, il potere contrattuale e la gestione della conflittualità.

David Nadery – Dirigente scolastico


 

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