Essere un genitore non è un’impresa di poco conto. Crescere un figlio infatti è una faccenda piuttosto impegnativa che richiede notevoli sforzi da parte di entrambi i genitori. Molti poi non hanno nessuno che gli possa dare una mano e quindi si trovano in alcune situazioni in cui sono “costretti” a portarsi i propri figli in luoghi non proprio idonei.
Niente di preoccupante. Faccio riferimento a posti considerati “noiosi” come gli uffici. In quelle situazioni diventa snervante sia essere un genitore che essere un figlio. I primi non sanno più come fronteggiare i propri piccoli che diventano insofferenti; i secondi, sommersi dalla noia, iniziano con la solita tiritera: «Tra quanto andiamo via? Mamma, mi annoio. Posso fare questo? Posso fare quello?».
L’attesa dunque diventa interminabile e il genitore spesso si trasforma in una creatura più permissiva: solitamente sbraiterebbe, ma è veramente esausta. Allora si lascia sfuggire la fatidica frase: «Fai un po’ come ti pare».
Questa è una frase che molte persone occupate a svolgere un determinato lavoro non vorrebbero mai sentire. Dipendenti degli uffici e ristoratori sono fra questi. La questione diventa controversa però: gli addetti ai lavori fanno bene a sottolineare che i genitori debbano controllare i figli e farli stare buoni; allo stesso tempo, molti genitori lasciano “liberi” i propri figli solo perché hanno raggiunto il limite della sopportazione.
Già in passato è capitato che, in alcuni ristoranti, si chiedesse alle persone con figli di mangiare altrove (invitati con tanto di cartello). Forse l’indicazione è di cattivo gusto, d’altro canto però quella è gente che vorrebbe solo essere in condizione di svolgere con serenità il proprio lavoro.
Il punto della questione è questo: davvero la nostra società è arrivata al punto di dover apporre dei cartelli per invitare i genitori a badare ai propri figli? Siamo davvero giunti in questa situazione? Forse le insegne sono di cattivo gusto e sintomo di una società sempre meno empatica e meno propensa alle esigenze altrui. Questo discorso è valido sia per i genitori che non comprendono le esigenze lavorative altrui che per i lavoratori che non comprendono il bisogno del genitore di poter completare la propria faccenda in pace.
Insomma, un vero caos. Sembra però che un cartello possa risolvere tutto.