Entrare in una classe e trovare gli alunni ai loro posti, insegnare a ragazzi vogliosi di apprendere e che hanno alle loro spalle dei genitori che si interessano alla loro formazione non è sempre una realtà. Spesso, per molte classi italiane si tratta di una sorta di utopia.
Si parla, quindi, di “scuole difficili” per indicare quegli istituti presenti nelle periferie o nei quartieri più malfamati o svantaggiati, sia economicamente sia culturalmente, in cui fare l’insegnante non si tratta di un mestiere semplice. Ogni giorno, i professori devono lottare contro una realtà soffocante, che porta i ragazzi ad avere uno scarso interesse nei confronti della scuola e a reagire in modo violento alle questioni quotidiane.
In questa cornice, la Repubblica ha realizzato un interessantissimo video-progetto dal titolo “Prof in trincea”. Attraverso le immagini, vengono raccontate le emblematiche storie di insegnanti che, nonostante le difficoltà, non hanno abbandonato le proprie classi ma, al contrario, si impegnano per aiutare i loro ragazzi.
L’insegnante non è solo un insegnante
Il quartiere Zen, situato a Palermo, è oggi il simbolo del degrado cittadino. “I ragazzi sanno di avere questa etichetta, di essere i ragazzi dello Zen- spiega la professoressa dell’istituto comprensivo Giovanni Falcone- Sono ragazzi non visti”. Alunni senza regole, senza interesse nei confronti della propria istruzione e provenienti da famiglie con grosse difficoltà economiche. “Un gesto simpatico si trasforma in una lite burrascosa. Sono davvero pochi quelli che hanno i libri. Uno dei grossi problemi è l’irregolarità della frequenza: la scuola non è una priorità”, ha raccontato la preside.
Qui, l’insegnante non è solo un insegnante: è un assistente, una guida. Per questo, nonostante le grosse difficoltà familiari, le scarse conoscenze di alfabetizzazione primaria, i professori non si occupano semplicemente di svolgere il programma scolastico: “Sono ragazzi che non sanno sognare, perché vivono il presente, giorno per giorno. Pensare di costruire un progetto, un futuro, una vita professionale, per loro, è una cosa che accade raramente. Anche abituarli a sognare è un obiettivo della scuola. Abbiamo parlato dell’importanza del lavoro femminile. Non è detto che il loro futuro sia soltanto quello delle estetiste o delle parrucchiere, ci può essere anche altro”.
“Questa scuola mi ha arricchito”
La situazione si ripresenta nell’istituto di istruzione superiore “Melissa Bassi”, che accoglie i ragazzi di Scampia, la periferia Nord di Napoli. “Chi riesce a venire a scuola, si salva da questo quartiere qua”, ha commentato uno dei professori.
Bottiglie che volano nella classe, ragazzi che si mettono a cavalcioni sulle finestre e le botte sono tutti gesti che si verificano quotidianamente. Un’insegnante ha spiegato la situazione scolastica ai microfoni dei giornalisti di Repubblica: “Questa è una scuola di frontiera nella frontiera. L’80% di questi ragazzi ha dei problemi. È una continua lotta a chi è più forte, delle volte. Siamo noi a soccombere”.
Però, anche questi professori hanno scelto di continuare il loro percorso e aiutare i loro alunni: “Nei primi tempi, sarei voluta scappare. Adesso lotto. Mi dispiace quando non mi seguono, sono fin troppo vivaci. A volte devi parlare il dialetto come loro. Fanno i duri. Ci sono state anche minacce nei miei confronti”.
Tuttavia, fare l’insegnante in queste scuole così difficili, a volte, ha i suoi risvolti positivi: “Questa scuola mi ha arricchito. Forse, in un’altra scuola più semplice non sarei cresciuta allo stesso modo”. ovviamente, le finalità formative sono diverse rispetto ad altre classi: “La missione è di far capire loro che essere onesti non è sbagliato, che ribellarsi a quella che è la malavita non è essere debole. Se alla fine dell’anno riuscirò a portare il mio pensiero anche a solo uno di loro, per me sarà una vittoria”.