Voglio condividere con voi alcune riflessioni personali e professionali al fine di parlare di una scuola diversa.
Mi ritengo una privilegiata. Ho avuto l’occasione di conoscere il mondo della scuola e i suoi abitanti sia dall’esterno, come professionista, che dall’interno, come docente.
Ho incontrato docenti preparati e dove la preparazione teorica era lacunosa, ricchi di spirito di iniziativa, impegno e umiltà. Ho incontrato all’inverso docenti convinti di essere già arrivati, anche se molto giovani, pieni di sé e indisposti verso qualsiasi consiglio e didattica alternativa, a scapito dei propri allievi. Ho incontrato docenti che spendono il loro tempo libero a preparare lezioni e verifiche personalizzate e altri che si limitano a fare ciò che viene chiesto per non avere fastidi o altri ancora che sono convinti che siano tutte stupidaggini e che non si possa personalizzare la didattica con tanti allievi, continuando per la loro strada.
Ho visto una scuola cambiare con emendamenti, leggi e decreti in ogni ambito. Una scuola che sembra rinnovarsi ma che in realtà peggiora ogni giorno in modo più sottile.
Il decreto della Buona scuola, pur se ammirabile negli intenti, è pessimo nella realizzazione. Il bonus assegnato ai docenti a tempo indeterminato si è rivelato per molti un pretesto per comprare un pc nuovo, più per uso personale che scolastico. Le frasi però rimangono le stesse, i corsi che non sono riconosciuti dal Miur e per cui non si può utilizzare il bonus non sono interessanti: “perché dovrei pagarmi la formazione?”. Vorrei far notare a chi pensa in questo modo che ci sono migliaia di professionisti e altri lavoratori che seguono stabilmente dei corsi di aggiornamento a proprie spese. Certo, comporta un sacrificio. E nessuno verrà a stendervi il tappeto rosso davanti a casa. Dovete farlo per voi, perché non si finisce mai di imparare, e per i vostri alunni perché possiate rendere loro un servizio sempre più all’altezza dei loro bisogni.
Ho incontrato docenti di sostegno che hanno intrapreso questo tipo di percorso non per una reale passione o “vocazione” ma perché (cito testuali parole) “era l’unico modo per entrare di ruolo prima, tanto poi dopo qualche anno posso chiedere il passaggio e insegnare la materia che voglio”. Sicuramente non sono queste le premesse ideali per affrontare un lavoro che è ancora più delicato e complesso.
Ho visto questa riforma mettere sullo stesso piano docenti precari da anni e anni e nuovi laureati che, con tutto il rispetto, avrebbero meritato diverso riconoscimento. Ho visto chiamare per le supplenze docenti che non hanno mai insegnato, grazie a un diploma magistrale vecchio di 30 anni.
Ho visto una scuola che si riempie di carte e di burocrazia facendo acqua da tutte le parti. Una scuola che pretende nuove formulazioni in ICF per il PEI senza aver formato i propri docenti in merito e senza aver dato tempo di sperimentare. Ho sentito direttive in cui veniva asserito che i nuovi supplenti avrebbero dovuto compilare il PEI appena entrati in servizio perché prossimi alla scadenza. Un piano educativo in cui dovrebbero essere elencati bisogni e punti di forza del soggetto che non possono essere conosciuti sicuramente in un paio di giorni. Una scuola che pretende materiali e non fornisce nemmeno le fotocopie.
Ho visto assegnare docenti di sostegno a bambini per 3 mesi, il tempo necessario per creare un legame affettivo e cognitivo, per poi essere rimpiazzati sulla base di un punteggio.
Ho visto docenti non accettare l’incarico perché il caso era troppo complesso.
Ho incontrato famiglie rimanere in silenzio davanti a prevaricazioni importanti da parte dei docenti e altre iniziare una mezza rivoluzione per cose che si potevano risolvere semplicemente dialogando con calma.
Ho sentito docenti affermare che i problemi familiari di un alunno non riguardano la scuola e il gruppo classe. Sicuramente non ci si può far carico di ogni singola problematica. Però è impensabile pensare che i problemi familiari importanti di un alunno non influenzino il suo apprendimento e la sua motivazione ad impegnarsi. L’insegnante è prima di tutto educatore e formatore e in quanto tale non può prescindere dall’animo del fanciullo che si trova dinanzi.
Ho visto dirigenti difendere a spada tratta i propri docenti, anche nel torto, per non esporsi personalmente e altri essere giusti con tutti.
Quello che è certo è che nessuna legge può prescindere dalla motivazione del singolo individuo. Insegnare perché è un lavoro che garantisce delle buone entrate a paragone di monte orario rispetto ad altre professioni non è la motivazione più idonea.
Mi scuso con tutti quei docenti che fanno il loro lavoro con costanza ed impegno e vedono spesso vanificati i propri sforzi dal cattivo esempio di altri colleghi. Spero che capiate che non è stata fatta di tutta l’erba un fascio e che spero davvero di cuore che i diamanti della scuola crescano sempre di più, diventando ogni giorno più brillanti per illuminare anche ciò che resta di oscuro in questo cammino.