Pino Turi, segretario della Uil Scuola, parla delle ragioni che hanno portato a programmare lo sciopero del 10 dicembre.
“Dire che su 33,4 mld della manovra finanziaria, per la scuola ci sono solo 210 milioni, che significa lo 0,62%, è un fatto, non è una considerazione. Abbiamo fatto tavoli e tavoli, ma dobbiamo rilevare che c’è un’incapacità politica del Ministro Bianchi, non come persona ma come Ministro. Perché probabilmente il governo lo ha abbandonato” afferma.
“Dover dire che c’è una manovra espansiva e c’è il Presidente del Consiglio che tutti i giorni dice che bisogna dare i soldi e non levarli e alla scuola li leva significa veramente partire da una considerazione, un fatto che era già grave, e che è diventato un atto con la presentazione della legge finanziaria” aggiunge.
“Ho il dubbio ci sia un disegno diverso. Nel Pnrr si prevede una riforma degli Its e si da un miliardo e mezzo, non è altro che un regalo alla Confindustria. Sapendo che Confindustria ha un compito che non può essere quello dello stato e della formazione per tutti i cittadini” prosegue.
Poi precisa: “La scuola non è un servizio, è una funzione dello Stato per cui mi rivolgo a cittadini non vorrei che si concretizzasse l’anatema di Piero Calamandrei che diceva ‘se vuoi privatizzare la scuola devi mandarla al macero, la devi abbandonare’ e mi pare che sono 20 anni in cui non soltanto si è abbandonata a se se stessa ma sono stati 20 anni di attacchi, di tagli”.
“La classe politica di questo paese deve avere il coraggio di dire alle persone cosa vuol fare della scuola, perché in queste condizioni la scuola non è per chi ci lavora, per le famiglie e per i figli che si vedranno una scuola che è dedita alla formazione professionale, a trovare un lavoro magari sotto pagato e ci sarà qualcuno che avrà altre opportunità. La scuola costituzionale di questo paese” continua.
Poi attacca: “C’è un problema di democrazie e il sindacato unito oggi vuole protestare e reagire . La scuola si ribella. Perché la scuola non è di questo o quel Governo. La scuola è dei cittadini e della Repubblica. Con questo sciopero vogliamo mettere in evidenza quello che è un fiore all’occhiello di questo paese e non è un problema corporativo. La scuola è diventata terreno di scontro politico. Abbiamo dato prova di essere persone molto pragmatiche. Il personale della scuola non va a bruciare i cassonetti ma ora basta, la politica deve dare risposte concrete. Dopo mesi che abbiamo avuto tavoli aperti abbiamo capito che questo è un sistema che non può più risolvere i problemi“.
“È un problema politico, siamo in ‘zona rossa’ e non c’è più possibilità di risolvere i problemi con il dialogo ci vuole un elemento conflittuale. In una democrazia la parola conflitto non è una parolaccia, la parola conflitto serve per trovare le risposte giuste. Lo sciopero generale con la manifestazione a Roma è un’azione di garanzia democratica. Non si deve derubricare questo sciopero come una semplice azione di routine perché siamo di fronte al baratro. C’è un accanimento terapeutico contro la scuola” conclude.