”Quella della riapertura delle scuole è una partita che per definizione ha bisogno di progettazione e programmazione. Non di ritardi. E mancano soltanto 10 giorni, se togliamo quelli non lavorativi”.
Queste le parole del governato del Veneto Luca Zaia in un’intervista al Corriere della Sera, che precisa: ”Sulla salute dei ragazzi non si transige. Però, è l’ennesimo esempio dell’ufficio complicazione affari semplici sempre al lavoro. Ministeri, istituti e agenzie, i Comitati tecnico scientifici Mi ricorda l’antica Grecia, con il paziente in barella sull’agorà e ognuno che passa dice la sua. Ma qui rischiamo che il paziente muoia in attesa della cura”.
“Noi presidenti siamo sempre stati solidali e corretti – aggiunge Zaia -, nessuno ha mai buttato il banco in aria. Però abbiamo il diritto, a dieci giorni dalla riapertura delle scuole, di vedere le bocce ferme. E invece, prima il dibattito sui banchi, poi quello sulle mascherine e sul niente mascherina, poi quello su raccomandazioni contro prescrizioni. Noi veneti siamo un po’ ‘tedeschi’ per mentalità: le cose devono essere chiare. E funzionare. Le regole saranno: distanziamento di un metro da bocca a bocca, mascherine obbligatorie per tutto il personale, insegnante e non, ma non per gli alunni in classe: i più giovani farebbero fatica a tenerla durante tutto l’orario scolastico. Dovranno metterla negli spostamenti, all’ingresso e all’uscita. Misurazione delle temperature all’ingresso e ventilazione dei locali”.
“L’alternativa è non aprire le scuole – dice ancora il presidente del Veneto -. Non è che abbiamo bisogno di esperti o sedicenti tali per sapere cosa fare. Sull’attuale situazione del trasporto pubblico non ci sono
alternative. Non possiamo raddoppiare i mezzi che ci sono. Secondo, non possiamo lasciare i minori per la strada. Se i genitori non sanno come mandare i figli a scuola, o come andare a lavorare, tanto vale riproporre il lockdown: perché è il lockdown”.