Nabila Maazouz era solo una quattordicenne quando è annegata.
La tragica scoperta è avvenuta dopo che i suoi compagni di squadra hanno ricoperto la piscina con il telo di plastica di protezione, ignorando che in quel momento lei si trovasse ancora in acqua.
La terribile vicenda ha sconvolto il centro “Hillsboro Shute Park Aquatice & Recreation Center”, nello stato dell’Oregon – Stati Uniti.
L’incidente risale al 20 novembre 2019.
In seguito all’accaduto, la famiglia ha portato in causa l’intera cittadina, il distretto scolastico e l’azienda incaricata per le forniture dei teli di copertura per piscine. La cifra presentata in tribunale prevedeva un risarcimento di 70 milioni di dollari.
Secondo le testimonianze raccolte, Nabila stava allenandosi con i suoi compagni il giorno in cui è annegata. Frequentava il primo anno della Oregon Episcopal School, quando il suo coach di nuoto ha domandato a lei e agli altri ragazzi di provvedere alla copertura della piscina una volta che avessero terminato.
Tutti avevano acconsentito.
I ragazzi avevano nuotato insieme per trasportare il primo telo lungo tutta la lunghezza della piscina. Purtroppo, dopo aver sistemato la seconda copertura, la quattordicenne non è più riemersa.
Gli altri componenti del team sono usciti illesi dalla piscina, dopodiché l’allenatore ha provveduto a spegnere le luci. Tra le denunce presentate in tribunale dalla famiglia di Nabila, c’è, infatti, l’accusa che nessuno si sia reso conto dell’assenza della quattordicenne.
L’allarme è stato dato dalla madre della ragazza che la stava aspettando nel parcheggio. Si era accorta che tutti erano usciti dalla struttura, con l’eccezione di sua figlia. Le ricerche hanno richiesto circa mezz’ora, prima che la quattordicenne venisse rinvenuto, annegata, sotto il telo della piscina.
Una causa milionaria contro la negligenza dell’Hillsboro Parks & Recreation Department e l’Hillsboro School District
I genitori di Nabila puntano il dito contro la negligenza del campo sportivo e della scuola. Hanno sbagliato a permettere ai ragazzi di utilizzare le coperture e di nuotare sotto di esse.
Denunciano anche la mancanza di personale con una formazione adeguata, di mancanza di controllo e dell’assenza di un bagnino per le situazioni di emergenza.
“La tragedia di Nabila poteva essere evitata”, dichiara sua madre.
La speranza è che questa battaglia porti l’industria acquatica a evitare altri incidenti simili e che i ragazzi possano praticare lo sport e le loro passioni in assoluta sicurezza.
Il nostro pensiero si unisce a quello della famiglia e dei cari di Nabila.