“È difficile sentirsi come gli altri, fare le cose che fanno gli altri quando non si ha la voce per esprimersi: è difficile avere degli amici, uscire, andare al cinema. Un giorno anch’io avrò diritto alla felicità, vivrò come tutti gli altri. Sono una giovane donna che ha tante passioni (la danza, la pittura), dei sogni, una voglia di vita come tutte le ragazze della mia età. Vorrei essere indipendente, libera disinvolta e invece mi sento invisibile agli occhi del mondo.
Non so perché ma sono prigioniera di questo silenzio profondo e malsano, di questa paura di parlare che mi fa sentire sola e indifesa.
Quando devo parlare la mia voce si ferma, sale la paura, mi ritrovo chiusa in una bolla… Mi sento diversa, strana, diversa, diversa da tutti a volte mi sento frustrata ma anche arrabbiata, soffro e sono triste. Vorrei tanto parlare, rispondere alle vostre domande senza avere paura, senza dover scrivere le risposte anche per un sì o un no. È come se avessi dentro un mostro che mi trattiene e mi chiude in una scatola chiusa a chiave che non riesco ad aprire: ma dov’è questa chiave? Mi sento inutile.”
Chi parla è A. una ragazza francese, la conosco da tempo ho avuto il suo consenso per riportare le sue parole in questo articolo. Sono parole troppo pesanti per una giovane ragazza che dovrebbe vivere la vita ancora con leggerezza. Sono parole che evocano solitudine e una vita anacronistica rispetto alla propria età.
A. ha lavorato per un periodo in una scuola d’infanzia, si trovava bene, era perfino riuscita a comunicare per iscritto con delle colleghe che l’avevano accettata perché la sua dolcezza e la sua professionalità con i bambini faceva dimenticare il suo silenzio.
Ora è disoccupata. Di nuovo sola, dipinge e scrive. Vuole scrivere la sua storia. Autoproducendosi. Mi ha chiesto aiuto. L’aiuterò.
Le parole di A. hanno introdotto il tema di quest’articolo: il mutismo selettivo degli adolescenti e dei giovani.
Lei è francese ma che importanza ha? Potrebbe essere anche una ragazza italiana. O inglese, o tedesca, scozzese, argentina, statunitense, messicana, australiana… perché tutti queste nazionalità? Perché tanti sono i gruppi che si occupano di Mutismo Selettivo con i quali sono entrata in contatto negli ultimi mesi.
Ne conosco circa 6 di ragazzi e ragazze muti selettivi che mi onorano della loro amicizia, seppur virtuale, ho spiegato che avrei scritto questo articolo e mi hanno autorizzata a raccontare stralci delle loro storie.
Mentre preparavo questo articolo il caso ha voluto che mi scrivesse una ragazza italiana, di 24 anni. Le ho posto qualche domanda dicendole che se voleva, avrei parlato anche di lei. Ha accettato, la chiameremo Gaia, un nome che è anche di buon auspicio. E mi ha raccontato qualcosa della sua vita.
“Ho iniziato a non parlare da quando ho iniziato le elementari. All’inizio parlavo sottovoce poi ho smesso di parlare. Gli insegnanti erano un po’ preoccupati perché’ stavo sempre da sola e non giocavo con nessuno, solo con una mia amica che si chiama e con lei parlavo. Sono seguita da una psicologa. Vedere gli altri che parlano e sono allegri e io non posso farlo mi rende triste.“
Le storie sono molto simili, non conta il paese in cui vivano. Il silenzio non fa distinzioni. Ho fatto varie domande a Gaia. Mi ha detto che ha seguito dei corsi, che ha fatto degli stage anche all’interno di biblioteche, ha anche lavorato e poi anche lei ha smesso e ora passa le sue giornate a casa.
Alcune di queste ragazze non escono da sole, non se la sentono.
Non tutte, il silenzio è simile ma le loro personalità sono differenti, come lo siamo tutti.
Tempo fa comunicavo con un’altra ragazza. Lei aveva un fine: prendere la patente. Ha trovato opposizioni, rifiuti, indifferenza! Alla fine con pianti e rabbia, comunicava con l’istruttore di guida (ostile) inviandogli sms anche quando gli era accanto in macchina!! È riuscita ad averla. E oggi scarrozza in auto nella sua città.
Sembra incredibile ma quello che a noi sembra scontato per un ragazzo muto selettivo diventa un ostacolo enorme da superare.
E poi conosco la storia di C. dolcissima ragazza di 15 anni.
C. è una bravissima artista, frequenta il liceo artistico dove ha trovato un’ambiente comprensivo e accogliente. La sua storia è particolare. C. non parla con la sua psicologa scrive a casa e poi in seduta la dottoressa commenta. Si piacciono tantissimo, si sente compresa.
A scuola invece scuola C. parla con i suoi compagni e anche con i professori ma il problema rimane solo per le interrogazioni, cioè quando è richiesta una prestazione.
Per il resto è una ragazza molto più matura dei suoi coetanei e assolutamente autonoma va a scuola da sola, prende autobus e treni senza problemi.
Confesso che avere la fiducia di questi ragazzi mi rende veramente felice, so quanto sia difficile per loro parlare del loro Mutismo Selettivo. So quanto sia difficile parlare e anche scrivere a volte.
Dal Mutismo Selettivo si guarisce, è vero. Lo abbiamo affermato sempre. Ma i tempi non sono uguali per tutti, le storie non sono tutte uguali, ognuno di noi ha un percorso di vita unico, anche se il sintomo, il silenzio è uguale per tutti.
Quando il silenzio perdura dopo gli 11 anni ovviamente le cose si complicano perché un genitore non può più invitare “gli amichetti” a casa se lui non vuole, non può mettersi d’accordo con gli altri genitori per far invitare il proprio figlio. Quando si approda alle scuole medie i genitori non possono intervenire o gestire la vita sociale del proprio figlio o almeno solo in maniera limitata.
Il silenzio diventa parte della persona, come un ruolo in cui si è rinchiusi, come dice A. “mi sento prigioniera”.
Se non parli da quando avevi 3 anni uscire dall’immagine cristallizzata “di quello che non parla” in cui ti hanno rinchiuso gli altri, richiede uno sforzo enorme, anche nel momento in cui finalmente ci si sente pronti a parlare.
Sappiamo tutti cosa vive un ragazzo o una ragazza di 13-14 anni al di sopra di tutto c’è la vita sociale e l’amore, si vive di amiche, amici e innamoramenti più o meno corrisposti. Ci si guarda allo specchio e si è “tutto troppo”. Troppo: magri, grassi, brutti, belli, bassi, alti…e via difetti continuando. Si parla tantissimo, al cellulare, a scuola, si soffre atrocemente per piccole cose.
Vivere tutto questa rivoluzione ormonale e psicologica in silenzio senza confrontarsi con gli altri coetanei, senza confidarsi, senza ridere in maniera scomposta e rumorosa come fanno gli adolescenti, senza prendersi in giro è molto, molto difficile.
Quando poi si oltrepassa la soglia dell’adolescenza, la difficoltà diventa una montagna da superare. Il silenzio è qualcosa di fronte al quale ci si sente frustrati, non mi riferisco solo a chi lo vive sulla propria pelle, ma alle persone che sono accanto a chi ne soffre, a coloro che incrociano la loro vita. Comprensibile per un bambino, sopportabile in un adolescente, ma relazionarsi con un giovane adulto che non risponde, che ci guarda e annuisce, che resta muto, ci fa sentire frustrati, arrabbiati, impotenti e inutili.
E forse anche si sentono così anche questi ragazzi.
I genitori mi dicono che ogni nuovo passaggio elementari-medie- scuole superiori è una nuova avventura, una nuova fatica, occorre rispiegare, avvertire, convincere. Il mutismo selettivo rientra nei BES si può predisporre predisposto un PDP che dispensa dalle interrogazioni orali (sostituite dagli scritti) e dall’andare alla lavagna.
Questo è un vero e proprio appello agli insegnanti: il silenzio, a qualsiasi età, non è volontario. Potrete incontrare ragazzi muti selettivi silenziosamente provocatori, sono come tutti gli altri e come tutti diversi tra loro. Altri svogliati, oppure ipersensibili, creativi, intelligentissimi, insomma più sono grandi più la personalità è delineata anche con il mutismo.
Pensate che questi ragazzi non sarebbero più felici di sentirsi ed essere come tutti gli altri?
Cosa caratterizza l’adolescenza e la gioventù?
La spensieratezza e l’innamoramento.
Per alcuni di questi ragazzi:
Essere spensierati e non poterlo condividere con i coetanei.
Essere innamorati e non poterlo dire…diventa una montagna insuperabile.
Non ho “tecniche” da consigliarvi. Non è mia competenza e questo articolo non ha lo scopo di fornire soluzioni o indicare una terapia.
Mi permetto solo un consiglio: accettate il silenzio.
Non risparmiate mai né comprensione né pazienza. Fate tutto quello che è nelle vostre possibilità di genitori e insegnanti per sviluppare l’autostima . Per il resto solo uno psicoterapeuta può accompagnarli nel loro percorso verso la parola.