Diamo ai giovani idee ed esempi, non devastiamoli con la noia.
Se si pensa al peso che può avere un insegnante (di lettere) nella formazione della coscienza civile dei ragazzi, questo è sempre connesso al potere persuasivo della letteratura. Prendiamo i racconti di Andrej Longo sulla Napoli della camorra, sul quadro sociale che ne è causa e conseguenza, sulla situazione dei giovani in quel contesto degradato, in cui crescono ragazzi come i nostri.
Quanto può essere più forte e vero un messaggio dato così, rispetto al prendere posizione teorizzando in classe ideologie e sistemi.
Il libro si intitola “Dieci“, perché ad ogni racconto è legato uno dei dieci comandamenti, chiaramente visto in chiave mafiosa, come l’unica legge morale e materiale che vige in quel contesto. Di questi, ce n’è uno sulla droga che vale più di mille reportage tra i tossici ed uno sulle violenze in famiglia che non può lasciare indifferenti.
Un’ora di vera geografia
Vuoi parlare in classe della ingiusta ripartizione delle risorse tra paesi occidentali e paesi in via di sviluppo? Basta leggere i racconti della Allende, in “Evaluna racconta” ce ne sono di molto espliciti, come pure su altri temi forti, raccapriccianti: uno si intitola “La via verso il Nord”, è un racconto sul traffico di organi camuffato da adozioni internazionali… Questo è il canale giusto, a scuola, per formare le coscienze.
Alla base, fiducia e ottimismo educativo
Un insegnante non può non credere nelle potenzialità di cambiamento degli studenti, anche se questo presuppone una dose non indifferente di capacità di accettazione dell’altro. Te lo dice una che vorrebbe mettere in atto questo principio fondamentale della didattica, ma che troppo spesso non sa farlo. Quando dico che alcuni sono troppo infarciti di pregiudizi per cambiare, perdo di vista che la materia di cui sono fatti i giovani è in continua evoluzione e credervi staticamente irrecuperabili è garanzia di insuccesso educativo.
Le parole per dirlo
Anche qui è la letteratura a parlarci. L’avremmo mai detto che Pereira, il gentile protagonista del romanzo di Tabucchi, sarebbe diventato un eroe? E lui era già anziano. Si può obiettare che è finzione letteraria, ma il messaggio rimane valido. Il mio compito consiste nel formare coscienze libere da sovrastrutture, in grado di elaborare pensieri personali e non superficiali, dare le “parole” agli stati d’animo che altrimenti rimarrebbero allo stadio di inconsapevolezza… Dicendolo in altri termini, aiutare i ragazzi a formarsi, attraverso lo sviluppo delle proprie potenzialità, una coscienza anche civile.
Migrante chi?
E poi Melania Mazzucco con il suo “Vita“, che parla di quando eravamo noi, noi italiani gli immigrati disprezzati, umiliati e offesi. È una bella lettura, fa riflettere. Ellis Island, alle porte di New York, dove noi italiani approdavamo, in una sorta di salto nel buio, prima di avere accesso, dopo adeguata quarantena, all’universo delle mille opportunità americane, il più delle volte illusorie. Quando eravamo anche noi gli albanesi, i rumeni, gli africani… Basta guardarsi indietro, anche di poco: se fosse ancora in distribuzione, c’è un altro libro di una autrice degli anni sessanta-settanta, Renee Reggiani che, rivolgendosi a un pubblico giovanile, scrisse Il treno del Sole, sulle Odissee moderne degli immigrati meridionali a Milano, la manodopera schiavile di allora. Quindi, insisto: è la cultura che rende liberi di pensare e dovrebbe essere la scuola a dare gli strumenti per farlo, ma in modo non diretto, senza propagande. Lasciamo la propaganda politica a chi la fa in ogni ambiente e momento, lecito o no, perchè non vuole “formare” ma indottrinare. Noi usiamo come arma e come bacchetta magica la letteratura. Il nostro lavoro consiste nel farli conoscere, nel proporre, al di là di ogni ragionevole speranza, in contesti in cui suona strano o fuori luogo parlare di letteratura, i testi che germoglieranno e forse daranno i loro frutti, anche se il più delle volte non lo sapremo mai.