Sempre più spesso si tende a credere che l’andamento scolastico possa predire il futuro lavorativo dello studente. Chi l’ha detto che chi prende sempre brutti voti non possa, nel futuro, intraprendere una carriera prestigiosa? A confutare tale credenza comune basterà menzionare due nomi prestigiosi: George W. Bush e Steve Jobs, due studenti poco brillanti ma che nella vita hanno fatto molto più di quanto i loro professori potessero aspettarsi.
Un curioso aneddoto riguardante l’ex Presidente degli Stati Uniti ha avuto luogo poche settimane fa: mentre consegnava gli attestati di Laurea agli studenti della Southern Methodist University, George W. Bush ha fatto i suoi migliori complimenti agli studenti più brillanti, che vantavano i voti più alti. Rivolgendosi poi agli studenti laureatisi con voti più bassi ha detto: “Complimenti anche a voi, che potrete diventare presidenti”, suscitando l’ilarità generale.
George W. Bush è stato il 43º Presidente degli Stati Uniti d’America, carica ricoperta dal 2001 al 2009: si potrebbe pensare che sia stato uno studente modello, ligio al dovere e che nel corso della sua carriera scolastica abbia sempre ottenuto il massimo dei voti dati i risultati ottenuti in seguito. Ma le cose non stanno proprio così: Bush junior, infatti, si è laureato con un voto piuttosto basso. Eppure è riuscito a diventare il Presidente degli Stati Uniti d’America!
George non è l’unico studente con poco profitto ad aver intrapreso una carriera brillante: anche John F. Kennedy e Lyndon B. Johnson fanno parte della schiera di potenti che non eccellevano a scuola. E ancora Steve Jobs, Bill Gates e Mark Zuckerberg.
Nessuno mette in discussione il ruolo fondamentale svolto dall’istruzione nella società, ma esempi di questo tipo ci fanno capire che, nonostante la sua importanza, l’istruzione non è di certo l’unica via per compiere grandi cose. Eccellere in campo scolastico non è l’unico modo per intraprendere carriere di successo: tantissimi sono, ad esempio, gli imprenditori di successo diventati milionari a dispetto delle grigie aspettative generate delle loro carriere scolastiche.
Durante la cerimonia di fine anno accademico della University of Massachusetts Amherst, il Professor Neil deGrasse Tyson, astrofisico di grande successo, nonostante faccia parte del corpo accademico, si è rivolto ai neolaureati con tali parole: “I vostri voti saranno totalmente irrilevanti nella vostra vita. Non vi definiranno come persone e non si ripercuoteranno minimamente su quello che siete, siete stati o sarete”.
L’intelligenza di uno studente non si misura sulla base di un voto. A determinare la direzione della vita di uno studente sono il carattere, le passioni, le esperienze e le relazioni interpersonali.
Non lo studio “matto e disperatissimo”, ma la passione, la determinazione, l’intelligenza emotiva, la perseveranza, l’empatia sono il motore delle nostre vite e ci costruiscono come persone, oltre che la capacità di capire il valore del fallimento. A partire da quello scolastico.
Chi ottiene scarsi voti a scuola sa bene cosa significa partire svantaggiati agli occhi della società. A scuola si fa esperienza dei primi fallimenti: nessuno crede in te, ma tu in qualche modo riesci a superare tutti gli ostacoli e i pregiudizi dei professori, non ti arrendi e continui per la tua strada. Questo è il modus operandi di chi avrà successo proprio perché non smetterà mai di imparare a fare meglio: non dai libri di scuola, ma da sé stesso.
Quanti sono gli studenti con brutti voti che hanno successo nella vita? C’è una percentuale? Cosa significa successo? Equivale a “fare soldi”? Mi sembra che titoli come questo siano estremamente fuorvianti. Per niente educativi. Molto superficiali. Mi stupisco di voi…
Brava Daniela, questi discorsi da bar sono davvero pessimi e disinformativi. Si fanno i soliti esempi che sono appunto eccezioni e, a dirla tutta, neppure troppo brillanti, visto che poi le carenze culturali di chi occupa posizioni prestigiose nella società senza avere alle spalle delle solide basi si notano eccome. Senza contare i grandi numeri, ben documentati dalle ricerche, che indicano che il grado di istruzione e il rendimento scolastico è altamente correlato al reddito e alla soddisfazione personale, mancherebbe sempre il controfattuale: se avessero avuto migliori rendimenti scolastici, queste persone avrebbero svolto meglio il proprio lavoro, avrebbero dato alla società un maggior contribuito e sarebbero stati più soddisfatti della propria vita oppure sarebbero divenute povere, infelici e sarebbero stati dei delinquenti? Non lo sappiamo, ma possiamo ben dire che questi esempi di “successo” hanno più a che fare con le circostanze e col caso che con un serio discorso sulla formazione. Come dire che mi’ zzio è campato cent’anni, fumava 80 sigarette al giorno, si ubriacava ogni sera e pesava 180 chili, quindi se fumi, bevi e sei obeso vai tranquillo, continua così.
Vero è che il rendimento scolastico passato non predice perfettamente il rendimento accademico futuro, né il rendimento lavorativo. PERFETTAMENTE. Ma è uno dei maggiori fattori predittivi (sia per il futuro accademico che lavorativo), molto più del quoziente intellettivo (che è una misura ristretta), in quanto richiama anche altri importanti fattori relativi alla personalità, come la coscienziosità, la disciplina, l’organizzazione, la capacità di resistere agli impulsi ecc. Ma al di là dei fattori predittivi per questo o quello, la formazione culturale serve a se stessi e ci dà innanzitutto gli strumenti per stare al mondo, saperlo leggere e interpretare.
Il punto è che a volte questi discorsi vengono fatti per non far rimpiangere alle persone i propri errori, fornendo esempi di riscatto. RISCATTO. Ma esempi del genere possono avere l’effetto opposto, in quanto possono essere usati per giustificare la mancanza di impegno oltre che la mancanza di basi culturali.