Quando si era bambini, era tutto così magico. Si trascorrevano ore e ore a giocare e le giornate sembravano davvero interminabili. Ma come mai si verifica questa particolare situazione? O meglio: come mai quando si era piccoli le giornate sembravano infinite mentre ora, una volta cresciuti, le giornate volano via come polline al vento?
Questo concetto non è semplicemente frutto di una nostra sensazione, ma trova delle basi scientifiche. Secondo uno studio intrapreso da Adrian Bejan, della Duke University degli Stati Uniti, il tutto sarebbe frutto dell’invecchiamento del nostro cervello.
La percezione del tempo infatti è influenzata da fattori fisici. Alcune ricerche hanno dimostrato come, ad esempio, quando si ha la febbre il tempo sembra trascorrere più lentamente (a causa delle alte temperature).
L’ipotesi, sostenuta da diverse ricerche, afferma che il tempo sembra scorrere più lentamente da bambini perché sono di più le nozioni da imparare e le esperienze da vivere. Ci sono letteralmente molte cose in più da esplorare. Questo dunque fornisce la sensazione di giornate dalla lunga durata.
Un’esperienza simile è quella che si verifica, ad esempio, durante le vacanze estive dove la routine viene spezzata. Proprio a causa delle esperienze differenti siamo portati a credere che le giornate siano più lunghe: facendo più cose è inevitabile pensare di aver avuto più tempo a disposizione.
Secondo Bejan tutto dipende anche dai movimenti saccadici, ovvero dal movimento compiuto diverse volte dagli occhi. Questi movimenti “dettano il ritmo” con cui il cervello percepisce le cose. Nei bambini questi movimenti sono maggiori mentre, man mano che si cresce, diminuiscono.
Se ne deduce che, vedendo meno immagini nello stesso lasso di tempo, si ha la sensazione di uno scorrere del tempo più rapido.