Vi sono novità rilevanti sulla gestione dei casi di aggressioni da parte di genitori a docenti e dirigenti scolastici. Fino a qualche settimana fa l’atteggiamento prevalente era indulgente ma con il verificarsi di diversi casi degli ultimi giorni, soprattutto in concomitanza con gli scrutini, si è evidenziata una maggiore propensione alla denuncia formale dei fatti ai carabinieri o alla polizia di Stato.
Dopo il caso di Roma, dove un genitore a causa della bocciatura del figlio 15enne è andato a scuola mandando all’ospedale un docente con un trauma cranico, un secondo trauma alla schiena e un principio di soffocamento, con denuncia finale dell’accaduto; negli ultimi giorni si sono registrati altri casi a cui sono seguiti esposti in procura. A Treviso, un genitore si è recato a scuola, dopo avere appreso della mancata ammissione del figlio all’anno scolastico successivo, e ha inveito contro i docenti. Il dirigente ha chiesto l’intervento dei carabinieri. Successivamente ci sono stati due casi analoghi in provincia di Milano.
Il primo è avvenuto a Gorgonzola, dove il genitore ha telefonato a una professoressa dell’istituto professionale minacciando di morte ritenendola, a suo dire, unica responsabile della bocciatura del figlio 16enne. La mattina seguente il preside è stato informato di quanto accaduto ed ha immediatamente segnalato l’episodio ai carabinieri. Nel pomeriggio l’uomo è stato individuato e ha ammesso le sue responsabilità. Si è detto dispiaciuto del proprio comportamento offrendosi di chiedere scusa alla docente ma questo non lo ha salvato dalla denuncia per minacce aggravate.
Nell’istituto scolastico Ronchetti di Pogliano Milanese un genitore ha spintonato e minacciato una insegnante dopo aver scoperto che il figlio di 13 anni era stato bocciato. L’uomo si era presentato a scuola per ritirare la pagella ma ha appreso della mancata promozione del ragazzino ed ha cercato la docente che riteneva responsabile della bocciatura. Quando l’ha incrociata tra i corridoi dell’istituto l’ha afferrata per il braccio insultandola, l’ha spintonata e minacciata ripetutamente. L’aggressione è durata diversi minuti, i carabinieri lo hanno trovato ancora intento a urlare contro la donna che ha rifiutato il trasporto in ospedale. Il genitore è stato comunque denunciato d’ufficio per minacce e percosse.
L’impressione è che il dilagare degli episodi degli ultimi giorni abbia influenzato le decisioni dei presidi. Prima c’era la tendenza a tollerare il più possibile le ingerenze di genitori e degli studenti, arrivando anche a fare autocritica pur di giustificare le esplosioni di rabbia degenerate in vere e proprie violenze fisiche, ma ora la tendenza sembra cambiata.
A contribuire all’atteggiamento più severo dei dirigenti e della scuola in generale, sono state probabilmente le dichiarazioni del nuovo ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, che in settimana ha detto che “le aggressioni nei confronti dei docenti, del personale della scuola tutto, sono atti da condannare sempre duramente. Davanti a tutto questo vogliamo reagire e lavorare per ricreare un clima di serenità, per mettere la scuola in condizione di concentrarsi maggiormente sulla gestione del rapporto con le famiglie”.
L’Anp, il maggiore sindacato dei presidi, attraverso Mario Rusconi, presidente della sezione Lazio, ha ribadito la linea dell’intolleranza sostenendo “la necessità d’ interventi sempre più decisi da parte delle autorità giudiziarie che sanzionino questi comportamenti violenti e intollerabili in una società civile”. “Grave – ha continuato il presidente – non è solamente l’aggressività che si scatena contro il personale della scuola, ma anche il pessimo esempio che alcuni genitori irresponsabili offrono ai loro figli smentendo il messaggio educativo che la scuola ogni giorno si sforza di proporre con impegno e fatica”.
Anche il presidente nazionale Anp Antonello Giannelli è intervenuto sostenendo che gli iscritti al sindacato danneggiati dai genitori dovrebbero “costituirsi parte civile”.
I sindacati dei docenti, come la Gilda e l’Anief, hanno rivendicato la linea della tolleranza zero, perché dinanzi a questi episodi, evidentemente gravi, non c’è da attendere alcuna denuncia della parte lesa: chi lede un pubblico ufficiale va arrestato e lo Stato deve chiedere i danni. La nuova linea è chiara: chi offende o picchia un pubblico ufficiale commette un reato, quindi ne subisce le conseguenze a livello civile e penale.