Sinisa Mihajlovic combatte da mesi contro un mostro spaventoso, noto con il nome di leucemia. Dopo la conferenza stampa di Luglio, Mihajlovic – allenatore del Bologna – ha cominciato a fare i conti con la malattia e tutto ciò che ne consegue.
Lo racconta a Verissimo, a un’attenta Silvia Toffanin che raccoglie le parole a cuore aperto di un uomo messo alle strette dalla vita. Mai pensava, dice l’allenatore, che avrebbe potuto ammalarsi, e di un male così crudele.
Si confessa con il cuore in mano, Sinisa, partendo dallo sbigottimento iniziale, quando ancora non sapeva di cosa soffrisse e non poteva confidare a nessuno il suo strazio. Stava male, il medico insisteva perché facesse degli accertamenti. Non voleva però dirlo alla moglie per non farla preoccupare.
Quando l’esito della risonanza magnetica rivelò una grave forma di leucemia, il tecnico si sentì perso. Non aveva appunto detto nulla a casa, e si trovava in Sardegna. Si era limitato a raccontare telefonicamente alla moglie di non partecipare al ritiro per via di un po’ di febbre. Adesso, le avrebbe dovuto dire molto di più, e sempre per telefono. Così come fece anche con i figli. Non è facile né bello dare certe notizie, aggiunge l’uomo, senza la presenza fisica, ma il giorno dopo volò subito a casa.
Iniziata la cura, Sinisa Mihajlovic si lascia incoraggiare dalle parole dei medici, che lo rassicurano sulla buona riuscita nonostante la gravità della situazione. Comincia così la sua dura battaglia contro la malattia, che lo vede sfibrato, stanco, malconcio nell’aspetto, ma non certo nell’umore: l’allenatore si confronta con il suo male con un coraggio da leone, non provando vergogna per le condizioni del suo fisico.
Quindi, in agosto, non fa mancare la sua presenza e sostegno alla sua squadra sul campo dell’Hellas Verona: aveva promesso che sarebbe stato con il suo Bologna nella prima giornata di campionato, e così è stato, a costo di grandi sacrifici. Rifiuta la definizione di eroe, però, perché preferisce rimanere un uomo con i suoi pregi e i suoi difetti.
E sempre a testa alta, anche nel dolore.