La pronuncia era attesa da tempo e finalmente è arrivata: via libera al diritto di portarsi il pranzo da casa. È stato infatti respinto dal Consiglio di Stato l’appello proposto dal comune di Benevento contro la sentenza del TAR Campania n 1566/2018, che aveva annullato le deliberazioni del Consiglio e della Giunta relativi al divieto per gli alunni di consumare cibi diversi da quelli forniti dalla ditta in appalto nella mensa scolastica costringendo coloro che non volevano servirsi del servizio di refezione scolastica al rientro o a una diversa scelta di tempo scuola.
Il Giudice Amministrativo ha rigettato la domanda espressa dall’Ente locale ritenendola priva di fondamento poiché “Vi è, anzitutto, un’incompetenza assoluta del Comune, che – spingendosi ultra vires” ha imposto con il proprio regolamento prescrizioni ai dirigenti relativamente all’organizzazione del servizio mensa, limitando di fatto la loro autonomia. La circolare del MIUR n 348/2017 infatti, in attesa della pronuncia della Cassazione, aveva permesso il pasto da casa con alcune cautele ed indicazioni.
Poiché non sono state dimostrate ragioni di salute e di igiene (mentre d’altronde è consentito il consumo di merendine portate da casa) il regolamento comunale impugnato “limita una naturale facoltà dell’individuo – afferente alla sua libertà personale – e, se minore, della famiglia mediante i genitori, vale a dire la scelta alimentare: scelta che – salvo non ricorrano dimostrate e proporzionali ragioni particolari di varia sicurezza o decoro – è per sua natura e in principio libera, e si esplica vuoi all’interno delle mura domestiche vuoi al loro esterno: in luoghi altrui, in luoghi aperti al pubblico, in luoghi pubblici”.
Inoltre il regolamento “manifestamente non corrisponde ai canoni di idoneità, coerenza, proporzionalità e necessarietà rispetto all’obiettivo – dichiaratamente perseguito – di prevenire il rischio igienico-sanitario. E l’assunto che ‘il consumo di parti confezionati a domicilio o comunque acquistati autonomamente potrebbe rappresentare un comportamento non corretto dal punto di vista nutrizionale’ si manifesta irrispettoso delle rammentate libertà e comunque è apodittico”.
Il richiamo ai principi costituzionali, gli stessi che dovevano collegarsi allo scomparso “patto” con le famiglie, è palese. Da parte dei dirigenti resiste “l’eventuale adozione di misure specifiche, da valutare caso per caso, necessarie ad assicurare, mediante accurato vaglio, la sicurezza generale degli alimenti”, ma evidentemente non potranno risultare un divieto totale. Il provvedimento in esame quindi considera la previsione del divieto di permanenza per gli alunni nei locali scolastici con il pasto da casa “affetta da eccesso di potere per irragionevolezza, in quanto misura inidonea e sproporzionata rispetto al fine perseguito”.
Dopo oltre due anni dalla famosa sentenza della Corte di Appello del 21 giugno 2016, il diritto di scelta è stato confermato anche dal Consiglio di Stato, dimostrando l’inutilità di un conflitto che ormai si trascina da troppo tempo. Sarebbe opportuno un richiamo alla corresponsabilità educativa.