Mavaglia: “Il Voto È Diventato Talmente Pervasivo Che si Perde di Vista il Valore dell’Imparare, Si Va a Scuola Non Per Imparare, ma Per Prendere un Bel Voto”

Il tema della valutazione a scuola è spesso al centro del dibattito, riempiendo pagine di giornali e social media. Concetti come il voto numerico, il giudizio descrittivo, e l’autovalutazione degli studenti dominano l’attualità scolastica.

Orizzonte Scuola ha discusso della valutazione scolastica con il pedagogista Mario Maviglia, esaminando sia le sperimentazioni sulla “Scuola senza voti” che il dibattito tra il voto numerico e il giudizio descrittivo.

Recentemente, il liceo Morgagni di Roma ha interrotto la sperimentazione del progetto “Scuola senza voti.” Oltre al caso specifico, quali sono le sue opinioni su questo approccio?

Mi sembra che la fine della sperimentazione sia dovuta a contrasti interni tra i docenti, più che a ragioni educative o didattiche. Tuttavia, personalmente, credo che qualsiasi tentativo di ridurre l’importanza del “voto” sia un passo nella giusta direzione. Oggi, il voto spesso diventa il fine stesso dell’educazione, mentre ci si dimentica dell’importanza dell’apprendimento. Gli studenti vanno a scuola per ottenere un voto, dimenticando ciò che hanno appreso dopo l’esame. La passione per il sapere e la gioia di imparare insieme vengono spesso sacrificati sull’altare delle prestazioni. È un peccato che questa sperimentazione stia per concludersi, poiché avrebbe potuto fornire dati interessanti su un approccio alternativo alla valutazione.

Molti studenti hanno elogiato questo metodo, specialmente perché il voto può causare ansia e depressione negli ultimi anni.

Come ho detto prima, quando tutto ruota attorno al voto, si crea un ciclo dannoso in cui ciò che conta è principalmente il risultato piuttosto che la passione per apprendere, la motivazione alla scoperta e la voglia di apprendere insieme. Questo approccio sembra riflettere una mentalità capitalista, in cui il prodotto è prioritario rispetto al benessere dello studente.

Quindi, la generazione attuale è fragile, o dovremmo abbandonare la cultura del voto in favore di un’approccio valutativo diverso?

Non direi che questa generazione sia fragile, ma piuttosto che la funzione formativa della valutazione è ancora poco compresa nella classe docente e nell’opinione pubblica in generale. Molti insegnanti concepiscono la valutazione come una valutazione unilaterale delle risposte degli studenti agli stimoli degli insegnanti, attribuendo la responsabilità interamente agli studenti. Tuttavia, le “cattive risposte” possono dipendere da una didattica che non tiene conto delle potenzialità e dei bisogni degli studenti. In questa dinamica, il voto serve principalmente a incolpare gli studenti. È interessante notare che nell’attuale sistema scolastico italiano, l’autovalutazione degli studenti è praticamente assente, ma potrebbe essere un utile strumento per sviluppare la consapevolezza delle proprie abilità e difficoltà.

Parlando di valutazione, la sottosegretaria Frassinetti ha annunciato il ritorno dei voti alle scuole primarie, abbandonando i giudizi. Qual è la sua opinione in merito?

L’Italia investe una percentuale inferiore del PIL nell’istruzione rispetto alla media europea, affrontando problemi strutturali nelle scuole e pagando i docenti molto meno rispetto ad altri paesi europei. Forse sarebbe più saggio che la sottosegretaria Frassinetti si concentrasse su questi problemi piuttosto che assumere il ruolo di pedagogista. Al momento, la reintroduzione dei voti nelle scuole primarie non dovrebbe essere la priorità principale nell’agenda politica. Forse questa è una via per evitare di affrontare i veri problemi dell’istruzione, che richiedono competenze politiche di alto livello.

Perché secondo lei c’è sempre questo conflitto tra sostenitori del voto numerico e sostenitori del giudizio descrittivo o di altri metodi? Non c’è il tempo di abituarsi e valutare gli effetti di un sistema prima che se ne introduca un altro…

C’è un problema fondamentale da non trascurare: l’uso dei giudizi descrittivi richiede più tempo e sforzi rispetto ai voti numerici. I voti sono chiari e immediati, comprensibili anche per i genitori. I giudizi richiedono una lettura più attenta e una comprensione del significato. Inoltre, dietro i voti numerici si nascondono spesso valutazioni soggettive, con alcuni insegnanti che sono più generosi nella valutazione e altri più severi.

Quindi, cosa possiamo fare?

Ciò che manca, al di là delle modifiche formali nei metodi di valutazione, è il valore formativo della valutazione, sia per gli studenti che per gli insegnanti. Attualmente, la valutazione in Italia, soprattutto attraverso i voti, quantifica, seleziona e pesa, ma raramente guida il cambiamento o il miglioramento. Dovremmo investire nella formazione degli insegnanti sulla valutazione e incoraggiare l’autovalutazione degli studenti. Tuttavia, sembra che non ci siano né le competenze né la volontà politica per affrontare questi problemi in modo adeguato. Senza comprensione, non possiamo trovare soluzioni efficaci.

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