Marta De Angelis ha 40 anni, è medico e ha due figlie di quattro e sette anni. Non lavora in ospedale, nel senso stretto del termine. Presta la sua opera presso l’Associazione Aglaia di Spoleto e, più specificatamente, in un hospice. Gli hospice sono delle strutture residenziali dedicate alle cure palliative e forniscono supporto fisico e psicologico sia ai pazienti sia alle loro famiglie.
Marta è laureata quindi in Medicina e Chirurgia e la sua volontà di dedicarsi alle cure palliative deriva dalla sua mamma, un’infermiera. Il genitore aveva infatti aperto, circa 35 anni fa, a Spoleto un’associazione di volontariato rivolta ad aiutare le persone che stavano per morire. “L’attenzione per le persone che soffrono è sempre stata parte di me. – ha spiegato – Io ho una specializzazione in una disciplina che di fatto non c’entra nulla con questo lavoro, ma ho capito che era questo quello che volevo fare“.
A questo punto, ha spiegato come il suo sia un lavoro d’equipe multiprofessionale. All’interno degli hospice lavoro diverse figure professionali, che collaborano tra di loro fornendo ognuno le proprie competenze a favore della persona e della sua famiglia. Così, capita spesso di dover prestare attenzione alle storie di ciascuno. A riguardo, la dottoressa De Angelis ha raccontato uno dei casi che l’hanno segnata maggiormente. Si tratta di un uomo di 44 anni, con una storia di tossicodipendenza alle spalle, da cui era uscito con fatica. Nonostante ciò, era riuscito a crearsi felicemente la sua famiglia. Tuttavia, quando tutto stava andando per il meglio, aveva scoperto di essere affetto da una grave forma di neoplasia. Per alleviare i dolori, doveva quindi assumere una terapia farmacologica a base di oppiacei: “Si disperava tutti i giorni perchè era tornato a essere dipendente dai farmaci, anche se in un modo del tutto nuovo. È morto un anno fa. L’abbiamo assistito per molto tempo. Lui e la sua famiglia sono rimasti nel cuore di tutti“.
Marta ha evidenziato come le cure palliative non siano rivolte esclusivamente alle persone adulte e anziane. Spesso, all’interno degli hospice, vengono accolti anche i giovani e i bambini. Proprio per questo motivo, si assicura di insegnare alle figlie come la morte non debba essere vista come un tabù: “Quando torno a casa, cerco di insegnare alle mie figlie che la morte fa parte della vita ed è una cosa di cui non dovremmo avere paura. Vorrei che capissero che la sofferenza e la morte non sono un tabù e che è bello prendersi cura delle persone che si hanno intorno“.