“Nonostante i solleciti con largo anticipo, la nuova scuola di Francesco si è ritrovata a non avere gli strumenti adeguati per gestire la sua routine complessa ma non impossibile. La prospettiva era quella di tenerlo al banco senza far niente, da solo… Per questo non ci siamo arresi, per dire che non sono i nostri ragazzi ‘sbagliati’, ma le Istituzioni ad essere impreparate.“
Questo sfogo segna l’inizio della disavventura di Claudia Pirotti e di suo figlio Francesco, un ragazzo autistico. Negligenza e superficialità sono al centro di questa vicenda, che mette in luce soprattutto la disorganizzazione della scuola che avrebbe dovuto accogliere Francesco e che invece ha rimandato all’infinito fino ad una assurda e mortificante proposta.
Claudia, 37 anni, vive a Boves, in provincia di Cuneo, e ha tre figli: Francesco, Sofia e Tommaso. Lavora come musicoterapista per bambini disabili in ospedale, e nella sua zona è responsabile di progetti che aiutano la disabilità intellettiva, oltre ad essere vicepresidente di un gruppo regionale di famiglie che si batte in favore di progetti personalizzati e co-progettati, a partire dai desideri, passioni, volontà e caratteristiche della persona con disabilità.
Forte della sua esperienza di un bambino disabile, è da sempre in prima fila per portare aiuti economici e sensibilizzare la comunità. Francesco, che ha compiuto sedici anni ad aprile, è un ragazzo sereno e solare, che sta bene in mezzo alla gente. Ha il disturbo dello spettro autistico ed un ritardo cognitivo con iperattività. Per tre anni ha frequentato la scuola materna, poi la primaria per cinque e la secondaria di primo grado per quattro, migliorando sensibilmente grazie alla sua straordinaria maestra di nome Bruna.
All’inizio di quest’anno Claudia contatta diverse scuole superiori per cercarne una adatta ad accogliere Francesco per forze, energie e spazi. Viene scelto il “Liceo Sportivo” per due ragioni: la disponibilità totale della scuola per quanto riguarda la copertura dell’orario e l’individuazione di spazi adatti a lui; e inoltre perché le passioni di Francesco innanzitutto sportive (ama camminare, correre, nuotare, interagire con i cavalli e saltare sui trampolini elastici). Claudia fa subito presente che la routine Francesco non è improvvisabile e che occorre utilizzare i mesi di fine scuola media per conoscere bene i nuovi insegnanti. E qui trova il primo ostacolo: con la mancanza di certezze sulle assegnazioni delle cattedre, la scuola non sa ancora chi effettivamente si occuperebbe di Francesco.
A maggio, durante una riunione tra famiglia, ASL, educatori privati e scuola le stesse esigenze vengono ribadite: anche in quell’occasione viene sottolineato che le cose da preparare per Francesco, le metodologie e le modalità per la sua gestione, hanno bisogno del giusto tempo per essere messe in atto. Nonostante i solleciti successivi, durante l’estate nulla si muove. Così, i primi di settembre, Claudia torna alla carica: “Se anche non erano ancora stati nominati gli insegnanti di Francesco, il dipartimento di sostegno, che conta ben tredici insegnanti, poteva farsi carico della progettazione; dell’allestimento dello spazio; dei calendari e delle attività da preparare. All’arrivo dell’insegnante, ci sarebbero stati passaggi di consegne, ma con tutto già pensato e già predisposto. Invece l’avvio di scuola è stato tutto un’improvvisazione, un imprevisto, un rincorrere cose. Il modo migliore per creare in Francesco confusione e ansia e far scaturire poi comportamenti problema importanti.”
La famiglia di Francesco dichiara di aver cercato di essere d’aiuto con una compresenza totale sul campo. Insieme ad un educatore di fiducia, Claudia ha provato a costruire una quotidianità affinché Francesco fosse tranquillo – il tutto, grazie anche ad attività esterne come la piscina, l’ippoterapia o il camminare all’aperto, con l’obiettivo di allungare sempre più i tempi in scuola. “Purtroppo il 17 ottobre siamo stati convocati e ci è stato detto che la Scuola non si sentiva di continuare perché la struttura, gli orari degli insegnanti, le esigenze degli altri studenti, ecc… non erano compatibili con le esigenze troppo speciali di Franci: dal giorno dopo è stato a casa. Naturalmente qui sono iniziate le tensioni. La scuola ha tergiversato, inviandoci poi, su sollecitazione del nostro legale, una nuova “improbabile” proposta: non intendevano secondo loro escludere Francesco, che è il benvenuto purché stia in classe seduto al banco. Per noi genitori è parsa una presa in giro”.
Nelle settimane seguenti c’è stato un silenzio assoluto, e nessuno si è preoccupato di come stesse Francesco e la sua famiglia. Per fortuna, grazie alla bellissima rete creata sul territorio, il ragazzo ha educatori ogni mattina coi quali svolge attività abilitative ed educative adatte a lui: la sua insegnante di sostegno delle medie sta con lui nel suo giorno libero, l’associazione onlus “Fiori sulla Luna” pagherà gli educatori, alcune aziende del territorio si sono offerte di contribuire ad altre spese e così via.
Il passaparola mediatico scatenato dalla solidarietà ha intanto svegliato le istituzioni: “Abbiamo avuto un incontro con Provveditore, Ufficio scolastico provinciale e regionale, Provincia, ASL e dirigente della scuola che lo ha escluso. Il tutto per provare velocemente a risolvere la situazione, eppure non mi interessa risolvere in fretta per insabbiare tutto quanto e poter così apparire efficienti: a noi genitori interessa la serenità e il futuro di Francesco, desideriamo che torni a scuola ma valutando attentamente il dove, quando e come, per non andare nuovamente incontro ad un fallimento e uno stress enorme per lui e per tutti noi.” C’è da sperare che questa storia possa tenere viva l’attenzione sul delicato tema dell’inclusione scolastica, sollecitando chi di dovere per creare sistemi più rapidi ed efficienti, affinché chiunque possa poter vivere il suo diritto alla scuola.
“Non sono i ragazzi ad essere “sbagliati”, difficili, aggressivi. È la conseguenza di un ambiente non pronto, di insegnanti non formati, di istituzioni non capaci ad uscire dai binari classici e provare a creare e inventare” afferma mamma Claudia.