Con assoluta certezza si può dire che la parola d’ordine in ambito scolastico di questi ultimi anni sia “Sperimentazione”. Il motivo per cui si utilizza questo termine è molto intuitivo: tante infatti sono state le sperimentazioni come, ad esempio, le Flipped Classroom ma anche altri metodi che prevedono il confort in classe (si passa dai divani in classe ai 15 minuti di meditazione prima e dopo le lezioni).
Ed è proprio il confort il protagonista del liceo scientifico di Pistoia Amedeo di Savoia dove si stanno sperimentando nuovi spazi per svolgere le lezioni. Tra questi uno in particolare sembra essere molto apprezzato dagli studenti ovvero le lezioni svolte in giardino. Questo nuovo modo di vedere le lezioni è stato incoraggiato dal preside il quale sognava da sempre di fornire un posto bello e confortevole in cui i ragazzi potessero vivere al meglio le lezioni ed esprimersi al massimo delle loro potenzialità.
L’istituto inoltre ha promosso altre iniziative, tra cui quella apprezzatissima di sentire alcuni brani di Pirandello recitatati da un attore, il tutto stando comodamente rilassati su degli enormi cuscini. Ma il liceo scientifico Amedeo di Savoia non è il solo a sperimentare nuovi spazi: molti istituti infatti stanno iniziando a tenere le lezioni in giardino (tempo permettendo ovviamente) ed in biblioteca.
I ragazzi sembrano apprezzare queste iniziative, e lo dimostra anche l’aumento di iscritti presso l’ Amedeo di Savoia. A fare qualche osservazione al riguardo però ci pensa il pedagogista Daniele Novara che ha appunto detto:
“Va archiviato il modo tradizionale di insegnare: lezioni frontali e nozionistiche sugli stessi contenuti a 25-30 allievi alla volta. Sono state fatte diverse critiche alla didattica della lezione frontale, ma la realtà quotidiana è ancora quella. La lezione di tipo accademico è radicata nella scuola italiana, che si basa su un approccio idealistico gentiliano secondo cui conoscenza e apprendimento nascono dalla spiegazione dei contenuti”
Al contrario, diversi indirizzi di ricerca convergono nel segnalare la centralità del docente e il suo ruolo nella struturazione del processo didattico (e come potrebbe essere diversamente?). Non si tratta ovviamente di difendere il monologo di chi parla a ruota libera, ma ldi una diversa idea di ‘frontalità’: la Evidence-based education sottolinea come gli approcci costruttivisti e l’idea che gli allievi apprendano da soli semplicemente registrano tassi di apprendimento inferiori rispetto al metodo della lezione interattiva e dell’educazione diretta o esplicita. Il problema è che spessso si discute utilizzando concetti astratti e mal definiti, creando poi contrapposizioni poco significative invece che confrontarsi su concrete pratiche didattiche. Per un’introduzione utile consiglio A. CALVANI, R. TRINCHERO, Dieci falsi miti e dieci regole per insegnare bene, un testo sintetico ma denso sia di riferimenti che di indicazioni pratiche. Mi pare fondamentale il passaggio ad una pedagogia sperimentale, che parta dall’osservazione delle azioni didattiche messe in campo dagli ‘insegnanti esperti’ o ‘efficaci, definiti tali per i risultati e non da idee preconcette.