Maria Josè Buscemi ha raccontato la sua triste storia in un’intervista rilasciata da Orizzonte Scuola. Ha spiegato di come la sua carriera da insegnante precaria abbia rappresentato un peso nella sua vita privata. La precarietà, infatti, non le ha mai permesso di essere veramente presente nella vita delle sue figlie o dei suoi genitori. In questo articolo vi racconteremo un po’ meglio in che modo la burocrazia della scuola italiana possa danneggiare determinate categorie di persone.
LA STORIA DI MARIA JOSÈ BUSCEMI
Maria Josè nasce in Francia da genitori italiani, i quali hanno poi deciso di trasferirsi nuovamente in Sicilia otto anni dopo la sua nascita. Ha sempre avuto una forte passione per l’insegnamento e per i bambini, il che l’ha portata a scegliere di diventare maestra. Da quando ha iniziato a lavorare, però, non è mai riuscita a trovare un luogo definitivo da poter chiamare “casa”.
Assegnazioni provvisorie si sono susseguite in un loop che sembra non dover finire mai. Ovviamente, questa situazione non le ha permesso di essere tanto presente quanto avrebbe voluto nelle vicende familiari. “Pensavo sempre… tra qualche annetto passo di ruolo e poi mi trasferisco a Enna, dove pure ho due genitori anziani.”
Le speranze della maestra si sono infrante in continuazione. Oggi, ormai cinquantenne, Maria Josè ripensa alla sua carriera con rammarico: “Il tempo che ho perso non lo recupererò più per vedere le mie figlie. Ho perso tutto di loro.”
LE FALLE NEL SISTEMA DELL’ASSEGNAZIONE DELLE CATTEDRE
Il vero problema di questa precarietà risiede nel fatto che l’intero sistema di assegnazione delle cattedre presenta delle falle da sistemare con urgenza. Infatti, non esiste una graduatoria unica nazionale per la provincia in cui si vuole essere trasferiti. La partecipazione avviene, invece, a fasi distinte. Maria Josè spiega in modo semplice e chiaro in che modo si creano i cosiddetti “insegnanti mobilizzati”:
“Prima viene la fase comunale, con i docenti che chiedono e ottengono di trasferirsi da un comune a un altro della stessa provincia. Solo se restano posti si passa alla fase provinciale, e se restano altri posti – e non ne restano – si procede con la fase interprovinciale, quella cioè che interessa a me e a tutti gli immobilizzati con me e ne ho conosciuto parecchi.”
Anche chi ha solo 6 punti può partecipare al passaggio comunale, il che rende difficile rientrare nel 25% di insegnanti abilitati allo spostamento. Rientrare a casa, per la maestra titolare di una cattedra a Milano da ormai 11 anni, diventa sempre più complicato.
Questa storia dovrebbe far comprendere che gli insegnanti non dovrebbero essere visti solo come numeri nelle graduatorie. Ognuno di loro ha una sua storia e le proprie esigenze, alle quali si dovrebbe porre più attenzione. In questo modo si eviteranno situazioni come quelle di Maria Josè Buscemi in futuro.