Alessandro Mahmoud, in arte Mahmood, è cresciuto nella periferia milanese ed è diventato famoso nel corso di cinque giorni grazie alla sua partecipazione all’ultimo Festival di Sanremo. Ora tutti cantano la sua “Soldi”, ignorando, forse, che non è la prima canzone da lui scritta.
La differenza è che i brani precedenti erano cantati da altri, come “Hola (I Say)” singolo di Marco Mengoni per cui Mahmood ha scritto altre due canzoni finite in “Atlantico”. Grazie alla sua vittoria sanremese, il giovane cantautore ha conosciuto il successo, ma ha dovuto anche fronteggiare diverse polemiche.
A causa del suo nome e del padre egiziano, alcuni politici hanno colto l’opportunità di sottolineare il “prima l’Italia“, senza pensare che Mahmood è italiano a tutti gli effetti. Lo stesso Matteo Salvini, in seguito alle polemiche sul suo post in cui criticava l’inaspettata vittoria al Festival, ha cambiato idea e ha telefonato al cantante per complimentarsi e scusarsi.
Al Corriere della Sera, Mahmood spiega ciò che è successo e ribatte a chi lo ha usato per fini politici. A Candida Morvillo che gli chiedeva cosa rispondesse a Salvini, ha dichiarato:”Io non ho mai avvertito di essere diverso. La differenza me la stanno facendo sentire oggi. Ho fatto le scuole con bimbi russi, bulgari, rom. Il più figo della classe era cinese, quello un po’ bullizzato era italiano, messo in mezzo perché cicciottello, non per altro“.
Per spiegare che mettere in luce le differenza di sesso o nazionalità dovrebbe essere sempre più superfluo, Mahmood ha affermato: “Io non ho mai detto di essere gay. La mia è una generazione che non rileva differenze se hai la pelle di un certo colore o se ami qualcuno di un sesso o di un altro. Io sono fidanzato, ma troverei poco educata la domanda se ho una fidanzata o un fidanzato. Specificare significa già creare una distinzione“.
Il cantante, quindi, non intende essere un simbolo e soprattutto non vuole prendere le parti di nessuno. Sulla sua musica e su quella con cui è cresciuto racconta: “Quando dico che faccio Morocco Pop, è un’affermazione d’identità. Da piccolissimo, ascoltavo la musica di mamma, De Gregori, Dalla, Battisti, e quella araba di papà. Il mio primo ricordo sono io che suono la trombetta Chicco davanti alla tv. A otto anni, già prendevo lezioni di solfeggio, ma i suoni mediorientali li ho recuperati dopo, come quando da bambino non ti piacciono le verdure, poi cresci e cerchi tutte le verdure che ti sei perso“.