Paolo ha quattro anni. È un bimbo timido. Pochissime parole. La sua è una famiglia umile. Il papà è disoccupato, la mamma operaia. Al compleanno di Luca, Paolo non viene invitato. Paolo non festeggia mai il suo compleanno.
Anna ha sette anni. Porta le trecce lunghe. È una bimba dolce e mite. Il suo viso paffuto e gli occhi all’ingiù sono oggetto di scherno da parte di un gruppo di bimbi della sua classe. Anna si sente diversa e non vuole andare a scuola.
Jail ha dodici anni. Viene dal Marocco. In una rissa, con alcuni compagni di scuola, ci ha quasi rimesso un occhio. Avevano offeso sua madre. Lui aveva reagito. Jail non ha amici e scrive, in un compito in classe, di voler solo smettere di vivere.
Il bullismo non ha età. Ha tante, troppe facce. Non possiamo ignorare tutti i Paolo, le Anna o i Jail che, quotidianamente, soffrono in silenzio, che, spesso, si trincerano dietro maschere di forza per nascondere debolezza e solitudine, che, altrettanto spesso, sarebbero disposti a tutto, anche ad assumere comportamenti sbagliati, pur di attirare l’attenzione degli altri.
Agli studenti, ai docenti, ai genitori, chiedo di avere occhi e cuore aperti, non solo per denunciare tempestivamente situazioni “a rischio”, ma anche per evitare che queste si creino.
Ragazzi, non fermatevi mai all’apparenza, non giudicate, siate voi stessi ed accogliete gli altri per ciò che sono, senza etichette, senza cercare di farli entrare forzatamente nei vostri schemi di “normalità”. Se tutti siamo diversi, non esiste l’uguale, ma solo l’unico.
Voi, docenti, fermatevi, con i ragazzi, a parlare di loro, dei loro bisogni, dei loro problemi, ascoltate le loro richieste d’aiuto: la relazione educativa nasce dalla fiducia, prima di ogni contenuto. So che già svolgete questo compito con dedizione, ma fatelo ancora e sempre con maggiore zelo, attenti ad ogni sguardo di troppo, ad ogni parola fuori luogo, ad ogni segnale che possa sottintendere una difficoltà.
Infine, genitori, mettetevi in discussione. Non partite mai dal presupposto che i vostri figli siano innocenti “a prescindere”, non pensate mai che siano sempre vittime degli altri, ma parlate con loro, fatevi raccontare, cercate di capire, osservateli con occhio critico. Il vostro è il mestiere più complesso.
Non restiamo indifferenti.
Siamo tutti coinvolti in questa storia: siamo tutti attori dello stesso film. Dobbiamo cercare di crescere insieme e di migliorare, ogni giorno.
— Alessandra Pernolino, dirigente scolastico