Quello dell’insegnate è un mestiere usurante, che sia riconosciuto come tale o meno. Non a caso sono sempre di più gli insegnanti che alla fine dell’anno scolastico non vedono l’ora di scappare dalla scuola, allo stremo delle forze fisiche e mentali.
È sempre stato così? Sembra di no. Oggi la maleducazione dei discenti, la frustrazione per un mestiere poco considerato e anzi bistrattato dallo stesso Ministero, la difficoltà sia didattica che culturale di un periodo in continua trasformazione rendono questo mestiere non soltanto più difficile, ma più che mai faticoso.
La richiesta del riconoscimento quale “mestiere usurante”, non a caso, non viene soltanto dai docenti, ma al tempo stesso da psicologi e studiosi di tutto il mondo.
Gli insegnanti oggi sono una delle categorie più bistrattate, e su tutti i fronti: dalla politica e da chi usufruisce di questo servizio, dall’alto e dal basso. L’inversione di rotta chiesta a gran voce, spesso urlata o supplicata, sembra molto lontana, anche se tutti lamentano un sistema scolastico che non funziona più, che non riesce ad adeguarsi ai cambiamenti del mondo e della società.
Le istituzioni che cosa fanno? Niente, oppure danni. Per esempio la riforma Fornero, che ha alzato i limiti minimi per l’età pensionabile, non ha risparmiato la categoria degli insegnanti. Immaginiamo di stare seduti tutti i giorni dietro a una cattedra per 40 anni: le generazioni passano, forse peggiorano in fatto di educazione, il mondo cambia, il progresso tecnologico stravolge regole e metodi di insegnamento e di convivenza, e la pazienza, la salute e la forza degli insegnanti si esaurisce. E a 65 anni sono ancora lì.
La salute degli insegnanti infatti è a rischio, e non parliamo soltanto del sistema nervoso. Lo stress di un lavoro frustrante e sottoposto ogni giorno, ogni ora a sollecitudini nervose, colpisce infatti tutti gli organi della persona, portando malattie legate alla professione che non possiamo che classificare come conseguenza di un mestiere usurante.
E dopo la pandemia del Covid-19 questo accrescerebbe maggiormente il rischio del contagio da parte del corpo docente che, al prossimo settembre con il ritorno in aula insieme agli studenti, siederebbe per ore e ore nelle classi considerate degli infettivologi come “incubatori perfetti per il Coronavirus“
Sarebbe interessante vedere la buona signora Fornero alle prese con una prima classe di scuola primaria, ma non per 10 minuti in visita di cortesia ma per un mese. Vediamo se anche lei non deve stabilire in un solo mese che l’usura della sua vita è già andata oltre.
Abbi fiducia! Il nuovo governo spazzerà via la fornero e le sue leggi! Come PROMESSO! GIUSTO O NO?
Riconoscere il Burnout significa ,ma se vogliono eliminare l’Ape social come si fa? Se vogliono togliere i lavori usuranti come si fa ? Se vogliono fare la quota 100 a prescindere il discorso decade ,dunque prima di mettere mano ai problemi abbiateli chiari in testa prima di strombazzare a vuoto.Anzitutto si comincia a lavorare nella scuola fra 30 /40 anni, visto che si deve frequentare l’università più i corsi di perfezionamento ,poi vincere il concorso; a Quota 100 ci arriva oltre i 70/75 anni .Di cosa stiamo parlando ? Del nulla !
Infatti!!!
servono soluzioni serie e definitive non prese in giro con dichiarazioni di facciata.Per le insegnanti dell’infanzia per esempio le agevolazioni non dovrebbero considerare decurtazioni e si dovrebbe andare in pensione con max 30 anni di servizio ( non altri contributi) indipendentemente dall’età . Fermo restando che chi aggiunge contributi diversi ad una quota minore di anni di servizio può rimanere fino quando l’età glielo consente per ottenere ugualmente il massimo.
Gli insegnanti che ogg sono intorno ai sessant’anni hanno iniziato a lavorare nella scuola a vent’anni, magari prima con le supplenze e poi, finalmente di ruolo. È vero, si arriva a fine anno sfiniti come un paio di calzini bucati e sporchi! Per insegnare ai bambin ci vuole un oceano di energia e io, a volte mi chiedo come farò ad andare a scuola fino a 65/67 anni, magari con una classe di 28 alunni di prima! Dove troverò le forze? Ma soprattutto cosa saprò dare a quei bambini di cui potrei essere tranquillamente nonna ???
Sono entrata in ruolo a 23 anni con gioia e amore per i bambini che sono la mia forza. Ho fatto tutto quello che la mia professione ha richiesto senza protestare. Ora ho quasi 60 anni (36 anni di servizio), lavoro sempre con gioia ma non sono supportata dalla salute, non riesco a fare la nonna e passo la mia vita a scuola. Avrei voglia di staccare anche per lasciare il mio posto alla nuova generazione di docenti pieni di forza ed entusiasmo che non riescono neanche a lavorare (infatti noi “vecchiette” dobbiamo sostituire i colleghi assenti), ma le nuove normative, ancora non consentono questo ricambio. Dal nuovo governo mi potrò aspettare qualcosa di positivo per potermi dedicare alla famiglia?
Infatti io ho cominciato a lavorare nella scuola a 40 anni e mio malgrado, se penso al momento in cui andrò in pensione (ma ci andrò in pensione?) non posso non sentirmi angosciata. Che ne sarà di me e di chi si trova nella mia stessa situazione?
Sarà perché ho una certa avversione per gli imperativi e per il verbo dovere , specie quando viene dall’alto e non da dentro, ma penso che sarebbe positivo lasciare ampia libertà in uscita , indicando una soglia certa che potrebbero essere i sessant’anni , ma non mettendo limiti alla possibilità di continuare la propria attività di docenti a quelli che sentono di poter ancora avere un dialogo costruttivo con i giovani ! L’anima della scuola è proprio il dialogo tra le generazioni di cui questo nostro tempo , così appiattito sull’unica dimensione del presente , avrebbe tanto bisogno!
Condivido il commento della collega Nunzia Esposito in quanto ho lo stesso problema, non solo dovrò andare in pensione a 67 anni ( sempre se ci andrò ), e con una pensione sicuramente misera dato che è tutto contributivo il lavoro svolto. Vorrei chiedervi: perché non si lasciava tutto com’era prima (RETRIBUTIVO)? Almeno potrei vivere dignitosamente e come me tante altre altre colleghe.
Cara collega Esposito sono nella tua stessa situazione, mi chiedo perché la pensione verrà calcolata con il sistema ( Contributivo e non com’era prima con il sistema Retributivo)? Almeno potremmo vivere dignitosamente. Se rimarrà contributivo avremmo una pensione misera!
Mi sento angosciata solo a pensarci! Che ne sarà della mia vita e di quella delle colleghe con lo stesso problema?
Finalmente una persona che sa bene cosa significhi fare l’insegnante. Era ora!!!
Vogliamo parlare delle docenti di scuola dell’infanzia ? Cosa possiamo dare di nuovo ai piccolini dai tre ai quattro anni dopo i 60 anni solo tanto amore ,questo quando si fa il proprio lavoro con passione altrimenti neanche quello che tristezza una misera pensione che arriva quando sei all’ estremo delle forze perché il nostro è un lavoro che ti assorbe sia fisicamente che psicologicamente
« La salute degli insegnanti infatti è a rischio, e non parliamo soltanto del sistema nervoso. Lo stress di un lavoro frustrante e sottoposto ogni giorno, ogni ora a sollecitudini nervose, colpisce infatti tutti gli organi della persona, portando malattie legate alla professione che non possiamo che classificare come conseguenza di un mestiere usurante.»
…e a persone in queste «condizioni» affidate la cosa piu’ preziosa che avete , I VOSTRI FIGLI ! Che «colpe» hanno bambini e adolescenti per trovarsi di fronte gente , stanca , demotivata , frustrata …e altro ?
Tranquilli non succederà niente. Anche quota 100 è un bluff !!! I colleghi della mia scuola ,oltre quota 100, appena si sono fatti fare la simulazione della pensione , hanno fato retromarcia. Ceto vado in pensione a 60 anni, ma se mi mandi don 500 euro in meno al mese, io resisto in cattedra. Docente per quattro soldi e pensionato morto di fame, mi sembra veramente troppo.
Sono d’accordo con l’anticipo del pensionamento. Si sta chiedendo troppo alle insegnanti senza fornire loro dei supporti e si chiede troppo anche, a parer mio, agli alunni. Cosi, noi docenti siamo sempre più stanchi e gli alunni, tempestati da sollecitazioni continue, stentano nelle strumentalità base. Si dovrebbe garantire un insegnamento più disteso per dare la possibilità ai bambini di parlare di più di loro, ma i cambi continui non lo permettono.
Ci hanno massacrato e continuano a farlo. E permettono che gli organi di informazione ci trattino come provilegiati, agli occhi della gente siamo privolegiati. Sì al sistema contributivo, almeno quello.