Chissà come mai ogni anno, quando stanno per iniziare le tanto aspettate e desiderate vacanze estive, c’è sempre qualcuno che tira fuori la ormai vecchia storia dei due o tre, quattro, cinque mesi di vacanza.
Quando poi la questione delle troppe vacanze viene archiviata, si passa all’altra questione: ma perché non apriamo le scuole in estate, così questi insegnanti sfaccendati, anche se sottopagati, utilizzano parte delle loro luuuunghe vacanze in modo utile mettendole a disposizione della loro utenza? Scuole aperte d’estate sì o no? La questione è abbastanza spinosa.
Poiché i docenti godono di questi lunghi periodi di vacanza, è giusto che si tengano le scuole aperte in estate ed essi stessi propongano, progettino e realizzino attività per tenere occupati quei ragazzi le cui famiglie non possono permettersi una vacanza, lunga o breve che sia, o non hanno nessuno a cui lasciare i propri figli. Sta di fatto che, chi ogni anno immancabilmente avanza queste proposte, non credo sappia realmente in quali condizioni gli edifici scolastici, nella maggior parte delle scuole italiane, versino.
Non tutte le scuole, infatti, sono all’avanguardia sia strutturalmente che in termini di risorse. Ci sono scuole i cui soffitti cadono periodicamente a pezzi, sulla testa degli alunni e dei docenti; quante volte si è evitata per puro miracolo la tragedia? Non tutte le scuole sono dotate di palestre o strutture idonee ad ospitare gli alunni durante il periodo estivo. La mia scuola ad esempio la palestra non ce l’ha e i bambini si adattano a fare ed. fisica nel corridoio, se il tempo è brutto o nell’atrio durante le belle giornate. Da maggio in poi, si va addirittura alla ricerca di un angolo dove l’ombra consenta di poter fare le attività fisiche in maniera più agevole.
Se pensiamo che ci sono scuole che non hanno i riscaldamenti e i ragazzi, durante l’inverno, sono costretti a stare in classe con giubbotti e piccoli plaid per potersi riscaldare, come possiamo pretendere che in estate abbiano i condizionatori per rinfrescare le aule? Abbiamo dimenticato la protesta di quegli alunni che per mancanza di riscaldamenti si sono rifiutati di entrare in classe ad oltranza? Ora, se dal freddo è possibile difendersi, altrettanto non si può dire per il caldo. Soprattutto al sud.
A fine giugno ho partecipato ad un corso di aggiornamento. Il più caldo giugno che si sia registrato negli ultimi 100 anni, hanno detto al telegiornale. In classe c’erano 39 gradi, ma se ne percepivano molti di più, tasso di umidità alle stelle. Tutti a sventolarsi con qualunque cosa si riusciva a reperire: fogli di carta, cartoncini, penne addirittura ( ci illudevamo che anche quelle potessero in qualche modo darci sostentamento). Verso le 18.30 il corso è stato interrotto. Il troppo caldo e il rischio di malori hanno costretto i relatori ad interrompere. Il piccolo condizionatore posto in un lato della stanza non è riuscito a darci sostegno, così come le porte e le finestre che alla fine abbiamo dovuto aprire. Nulla ci ha aiutato. Ed eravamo adulti. Immaginiamo dei bambini.
Già non si riesce a sopportare il caldo che dal mese di maggio arriva prepotentemente nelle nostre classi. Si comincia con il togliere i grembiuli perché fanno sudare troppo e si finisce col presentarsi a scuola in tenuta quasi balneare. Ma i bambini non sono da biasimare. Le finestre sono aperte, le porte sono aperte, ma nulla riesce a dare quel refrigerio necessario alla concentrazione dei bambini. E parliamo di maggio, giugno…E a luglio e agosto? Non credo che la situazione sia migliore.
Certo, come si continua a dire, durante l’apertura estiva le attività sarebbero diverse dalle normali attività didattiche, ma con quali strutture? E con quali risorse? Una scuola in cui manca la palestra, cosa può offrire? Fare attività nel cortile sotto l’afa e la calura? Anche il solo pensare di tenere aperta la scuola nel mese di luglio o mal che vada per una quindicina di giorni risulta non fattibile. Perché invece non si forniscono le regioni e i comuni di fondi necessari affinché ogni quartiere o zona possa essere dotata di luoghi idonei all’accoglienza estiva di questi bambini? Dei centri polisportivi o culturali gratuiti con piscine, sale teatrali, musicali, mense, dove le famiglie, senza che sborsino un euro, possano portare i propri figli.
Sappiamo che per fare questo occorre tanto, ma tanto denaro, occorrono investimenti che non penso sarebbero fatti, quindi risulta più semplice e sbrigativo delegare la scuola e gli insegnanti anche di questo. La scuola è il luogo dove si apprende, non il luogo dove portare i bambini se non si ha a chi lasciarli. E poi, ma siamo proprio sicuri che i bambini, dopo un anno passato a scuola, consapevoli del caldo che li aspetta o delle strutture che mancano, siano proprio contenti di tornarci, seppur sotto un’ottica diversa?
È il bene dei bambini che vogliamo o solo la convenienza di quelle famiglie che, costrette a lavorare, non hanno a chi lasciare i figli? Spesso comunque si dimentica che anche i docenti hanno famiglia e le insegnanti sono anche mamme e come altre famiglie devono dedicare il proprio tempo ai propri figli. La scuola è scuola, non un sostituto di centri ricreativi.
Se l’obiettivo è quello di emulare le scuole europee ed extraeuropee, cominciamo non solo dai doveri che vengono richiesti agli insegnanti, ma poniamo l’attenzione anche sui diritti che spettano al corpo docente: rinnovo del contratto in primis, aumento ed adeguamento dello stipendio agli standard europei, recupero del ruolo sociale che ormai si è perso da tempo, adeguamento delle strutture e degli edifici scolastici.
E per favore, chi non ha mai messo un piede a scuola, ripeto per favore si astenga dai commenti, dai paternalismi e dai consigli che non trovano riscontro.