Il giornalista Roberto Giacobbo, in un’intervista al programma Verissimo, ha svelato di aver contratto il Covid-19 a marzo. In una forma molto grave, per giunta, tanto che Giacobbo ha dichiarato: “Ero arrivato all’ultimo stadio”.
Ora che i casi positivi stanno pericolosamente risalendo, il giornalista ha deciso di raccontare la propria odissea: “Ho pensato che fosse adesso il momento di parlare di questa storia per parlare anche a chi ancora ha dei dubbi su questa pandemia. Non me la sono andata a cercare, solo che è successo troppo presto: il 5 marzo. Qualcuno mi ha trasmesso il virus, probabilmente mentre ero al supermercato. Purtroppo, una laringite ha falsificato i sintomi. Avevo la febbre alta, non stavo bene. Ho comprato un pulsometro per misurare l’ossigenazione del sangue. Una mattina ho sentito una maggiore difficoltà nel respiro e dopo poche ore l’ossigenazione era crollata. Sono corso in ospedale. Avendo confuso i sintomi, ero arrivato all’ultimo stadio. Arrivato in rianimazione al Policlinico Gemelli, mi hanno messo il casco e lì ho affidato il mio corpo ai medici. Da quel momento, per 42 giorni, ho visto solo persone vestite da astronauta, solo i loro occhi. E lì lascio completamente il mio corpo nelle loro mani.“
E prosegue: “Ero legato al letto per evitare che questo casco andasse via. Mi hanno tolto tutto, compresa la fede. Sarebbe stata l’ultima cosa che avrebbero avuto le mie figlie e mia moglie. Perché neanche il mio corpo avrebbero potuto avere. Ma la cosa che è stata più complessa è rendermi conto della gravità, perché questo virus è difficile. Non ti dava l’impressione di stare così male. Una volta recuperata la fase respiratoria, sono riuscito con l’aiuto dei sanitari a portare le mie frequenze respiratorie da 40 frequenze al minuto a 25. All’inizio non potevo comunicare con i familiari. Ho firmato anche autorizzazioni per provare cure sperimentali che mi hanno salvato. Anche mia figlia e mia moglie hanno avuto il Covid, le mie tre figlie poi si sono fatte forza e la più grande mi ha mandato un video dove mi diceva che tutto era apposto, ma non sapeva che io non potevo vederlo”.
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Ora che tutto è passato, Giacobbo ricorda il momento più bello, quello in cui ha potuto lasciare l’ospedale: “La mia famiglia l’ha vissuto in maniera diversa. Li ho riabbracciati entrando in casa, che avevo lasciato con la febbre di corsa. Sono entrato ed era una gioia infinita”.
E infine una raccomandazione: “Si cambia perché tutto è più bello. Ogni respiro è più bello. Per proteggerci basta poco: non importa toccarsi, ci abbracceremo un’altra volta. Bisogna non essere sciocchi, ma attenti, senza però rinunciare a vivere”.