E’ da fine febbraio che noi insegnanti stiamo lavorando nel chiuso delle nostre case, ma spesso questo non si è capito, o non si è apprezzato, o è stato troppo, o è stato troppo poco.
Non posso e non voglio certo generalizzare, e so bene anche io che ci sono tanti casi diversi. Ma noi insegnanti, in questa emergenza, abbiamo dimostrato:
Di essere avanti da un punto di vista digitale: chi subito, chi nell’arco di una decina di giorni, tutti ci siamo attivati con piattaforme e app di ogni tipo;
Di non aver bisogno degli obblighi di legge per lavorare: nelle prime settimane non sapevamo quanto sarebbe durata la chiusura, eppure quasi tutti, senza pensarci due volte, ci siamo attivati con la DAD, perché la priorità, come sempre, l’abbiamo data ai nostri studenti e alle nostre studentesse;
Di saper reagire con intelligenza e capacità di adattamento: la maggior parte di noi ha capito presto che questa DAD non era “scuola vera”, non riusciva ad arrivare a tutti e a tutte. Ma non per questo ci siamo arresi. Abbiamo continuato a cercare, e ancora lo facciamo, ogni mezzo, ogni strategia, ogni possibilità per migliorare le nostre proposte e per non lasciare fuori nessuno;
Di essere flessibili e attenti: la DAD ci costringe a rivedere molte certezze, ma questo non ci preoccupa. Abbiamo un cervello plastico, una mente flessibile e creativa: non ci spaventano i cambiamenti di prospettiva, se ne cogliamo il senso e le opportunità;
Di dare la precedenza, su tutto, al benessere dei nostri bambini e delle nostre bambine: è l’aspetto emotivo, quello che anche a distanza ci interessa di più. E infatti a noi piace dire che facciamo Didattica della Vicinanza. Ogni giorno, tutti i team si confrontano e si scambiano informazioni su come intervenire, aiutare, motivare, sostenere chi è più fragile o chi sta vivendo con più difficoltà la distanza;
Di fare come i sanitari: anteporre alle istanze sindacali il lavoro necessario in emergenza. Non ci sono più campanelle a segnare l’inizio e la fine, e questo per noi si traduce in reperibilità. Si lavora con orari tutti nuovi, di certo il tempo dedicato alla formazione, alla preparazione dei materiali, alle riunioni con i colleghi, alla restituzione di feedback, alle mail con i genitori, agli incontri online ecc ecc è un tempo che va ben oltre il contratto di lavoro.
E dire questo il Primo Maggio sembra quasi un reato. Eppure, in questa emergenza, nessun insegnante si è lamentato di quello che sta facendo. Lo fa. Punto. Usciremo dall’emergenza e riprenderemo a parlare di diritti e doveri. Certo che sì. Ma, come hanno fatto altre categorie, ci siamo tirati su le maniche e basta.
Potrei continuare a lungo, ma poi smettete di leggermi e mi dispiacerebbe 😉
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