Ho letto tempo fa su una rivista un articolo riguardante una antropologa americana, che per condurre una ricerca sul comportamento dei bambini in diverse condizioni di vita, ha trascorso alcuni mesi in mezzo a una tribù dell’Amazzonia peruviana che vive in capanne coperte di foglie, cacciando scimmie e pappagalli e coltivando yucca e banana.
Un giorno l’antropologa decise di accompagnare una famiglia che scendeva lungo il fiume per raccogliere le foglie di palma. Una bambina di sei anni, che apparteneva a un’altra famiglia, chiese di aggregarsi alla loro spedizione.
Nei cinque giorni che seguirono, la bambina trovò subito il modo di rendersi utile. Ripuliva dalla sabbia le stuoie usate per dormire, imballava le foglie perché potessero essere più agevolmente trasportate al villaggio, pescava crostacei che puliva, cucinava per tutti, senza chiedere mai nulla in cambio.
Questa fu la cosa che più colpì l’antropologa.
In un altro esperimento condotto da un’altra antropologa, collega della prima, si assistette a un comportamento opposto al primo.
Questa volta la ricerca fu condotta nella città di Los Angeles.
Una ragazzina di otto anni seduta a tavola insieme ai genitori dopo aver notato l’assenza di forchetta e coltello, disse a suo padre di non sapere come riuscire a mangiare senza posate e benché sapesse benissimo dove si trovassero, costrinse il padre ad alzarsi e a prenderle.
Un altro bambino invece, un maschietto stavolta, non riuscendo a infilare i piedi nelle scarpe da ginnastica perché allacciate, le porse al padre ordinandogli bruscamente di slacciarle per poi farsele riallacciare una volta indossate.
Quali fattori hanno influito nell’atteggiamento dei tre bambini? Il luogo di appartenenza, le condizioni di vita o l’educazione ricevuta?
Ecco allora che mi tornano alla mente i cosiddetti «genitori spazzaneve» come vengono chiamati in Inghilterra, ossia genitori convinti che riducendo i possibili ostacoli, momenti difficili nella vita dei figli, facilitino la loro crescita, la loro autostima, generando in tal modo figli che invece di aiutarli, li fanno impazzire.
Credo proprio che i genitori degli ultimi due bambini di cui si parlava prima rientrino in questa categoria.
E mi chiedo: “Questi tipi di genitori, stanno insegnando la resilienza ai loro figli, ovvero la capacità di affrontare i problemi, superare ostacoli e saper resistere ad una pressione derivante da avverse situazioni come ad esempio lo stress e via dicendo?” La risposta è di sicuro no. Non credo proprio.
Quante volte nelle nostre scuole abbiamo visto spuntare schiere di genitori adirati per un voto o una nota che, giustificando il comportamento dei figli, minacciano gli insegnanti, mentendo perfino, pur di proteggere gli amati figlioletti da una punizione?
Ormai questa tendenza a prevenire ed evitare ogni sorta di difficoltà ai figli è diventata patologica: i genitori sono impreparati ad affrontare gli insuccessi dei figli, così la soluzione più facile è dire sempre sì, spianare loro la strada rinunciando a priori a educare i propri figli cercando invece di semplificare loro tutto.
Bisognerebbe invece insegnare ai ragazzi a confrontarsi con la realtà, aiutarli nelle difficoltà, cercando di non sostituirsi mai a loro.
I genitori devono essere punti di riferimento, ma allo stesso tempo devono lasciare ai figli anche la possibilità di sbagliare, di commettere errori in modo da poterli responsabilizzare.
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Ce lo ha insegnato la Montessori nel lontano 1909, quando pubblicò un testo che è rimasto alla base della pedagogia moderna: “Il metodo della pedagogia scientifica applicato all’educazione infantile nelle Case dei Bambini“.
Tale metodo mette al centro il rispetto per la spontaneità del bambino che rivela se stesso solo quando è lasciato libero di esprimersi, in modo che impari ad autoregolarsi.
Sappiamo che il bambino è per sua natura disciplinato e se messo a contatto con i materiali pedagogici adatti e se è guidato da un educatore discreto, è in grado di auto educarsi e di dispiegare le sue potenzialità e andare a formare “un’umanità libera e affratellata”.
Questi principi sono stati divulgati in tutto il mondo e sono validi ancora oggi, per crescere bambini liberi e felici. Ecco quali sono:
1) EDUCARE IL BAMBINO ALL’INDIPENDENZA
Se un genitore è troppo presente e imbocca il bambino in ogni cosa che fa, senza compiere lo sforzo per insegnargli a tenere il cucchiaio, allacciarsi le scarpe, vestirsi ecc, non lo sta educando, lo sta trattando come un burattino, un fantoccio. Insegnare a mangiare, a lavarsi, ad allacciarsi le scarpe, a vestirsi è più difficile che imboccarlo in tutto, è vero, ma vale la pena di farlo: mettere il proprio figlio nella condizione di riuscire a fare tutto da solo e ad arrangiarsi lo renderà anche un adulto migliore e più sicuro delle sue capacità.
2) MAI IMPEDIRE A UN BAMBINO DI FARE QUALCOSA PERCHÉ È TROPPO PICCOLO
Bisogna dimostrare fiducia e lasciargli svolgere i compiti più facili adeguandoli alla loro età. L’età non dev’essere una scusa né un problema. Quindi, non giustificate il bambino, dando la colpa all’età, se non apparecchia o se non si infila le scarpe da solo, dategli invece dei compiti adatti a lui e poi gratificatelo se li svolge nel modo giusto. In questo modo sarà spronato a fare ancora meglio la volta dopo.
3) INSEGNATEGLI LA PRECISIONE
Abituare un bambino a fare con precisione è un ottimo esercizio per sviluppare l’armonia del corpo. I bambini sono ricettivi e curiosi per natura, quindi se insegnate loro come fare le cose con la massima precisione possibile, come per esempio che per lavarsi le manine il sapone va messo al centro del palmo, loro lo ripeteranno sempre. Uno degli esercizi più utili consigliati dalla Montessori è insegnare ai piccoli ad apparecchiare con diligenza, servire a tavola, mangiare composti, lavare piatti e riporre le stoviglie.
4) SIATE I LORO ANGELI CUSTODI
Il maestro deve essere un angelo custode che osserva e non interviene quasi mai riducendo al minimo il proprio intervento. Non è quello che sale in cattedra e dispensa dall’alto il suo sapere, ma un angelo custode che vigila affinché il bambino non sia intralciato nella sua libera attività, lo rispetta se fa un errore e lo indirizza a correggersi da solo.
5) NON OBBLIGATELO
Mai obbligare o forzare un bambino a fare qualcosa. L’educatore deve rispettare il bambino, lasciandolo riposare da un’attività limitandosi a guardare gli altri bambini lavorare.
6) EDUCARE AL CONTATTO CON LA NATURA
Far vivere il più possibile il bambino a contatto con la natura, durante una passeggiata ad esempio in montagna, in campagna bisogna lasciare liberi i bambini, mettendosi al loro passo, aspettando con pazienza che raccolgano un fiore, che osservino la natura e le sue meraviglie, perché il sentimento della natura cresce con l’esercizio.
Forse i bambini non sono più abituati in questo. Ricordo ancora lo stupore di una mia alunna quando, mentre eravamo in fila aspettando che si aprissero i cancelli della scuola, vide posarsi su un fiore una farfalla e, osservandola da vicino, notò con meraviglia e stupore i suoi colori e le varie parti di cui era composta.
Era la prima volta, mi disse, che vedeva una farfalla da vicino, fino a quel momento l’aveva vista solo in tv o sui libri. L’educazione al rispetto dell’ambiente e degli animali parte da piccini: insegnate loro che la natura è bellezza e sostentamento, che se la rispetta senza distruggerla, sarà sempre amica. In questo modo sarà un bambino capace di meravigliarsi sempre, anche da adulto.
7) PRENDERSI CURA DELLA NATURA
Innaffiare le piante e prendersi cura degli animali abitua alla previdenza. Bisogna educare i bambini a prendersi cura degli esseri viventi, piante e animali ad esempio.
Lo scorso anno scolastico abbiamo piantato in classe dei semi di girasole. Ogni mattina i bambini erano premurosi e controllavano se la piantina avesse bisogno di acqua, di luce, se non fosse troppo esposta al sole o al vento. Questa cosa ha risvegliato un atteggiamento di previdenza nei bambini, consapevoli che la piccola piantina aveva bisogno di loro e del loro amore.
Ricordiamoci che un bambino premuroso sarà un adulto sensibile e rispettoso dei sentimenti altrui, che vanno coltivati proprio come una piantina.
8) SVILUPPARE I SUOI TALENTI E MAI PARLAR MALE DI UN BAMBINO
Ogni bambino è un mondo a sé: c’è chi è più portato per una materia, chi ha un innato senso artistico., chi ama cantare o recitare. Gli insegnanti, i genitori, gli educatori in genere devono concentrarsi sul rafforzare e sviluppare ciò che c’è di positivo nel bambino, i suoi pregi e i suoi talenti, in modo che la presenza delle sue capacità possa lasciare sempre meno spazio ai difetti. Bisogna lodarli per la loro bravura, spronandoli a far sempre meglio. E soprattutto, non vanno mai mortificati, parlando male di loro e delle loro lacune in loro presenza.
9) UN AMBIENTE A MISURA DI BAMBINO
L’ambiente scolastico deve essere a misura di bambino, il quale se posto in un ambiente idoneo, potrà sperimentare e affinare le sue immense potenzialità. La scuola deve essere un ambiente accogliente in cui tutti i mobili e gli oggetti siano modellati sulle loro misure ed esigenze li aiuta a raggiungere la loro autonomia.
10) SIATE I LORO CICERONI
I bambini sono i viaggiatori della vita e noi adulti i loro ciceroni. Il bambino è come un viaggiatore che osserva le cose nuove e cerca di capire il linguaggio sconosciuto di chi lo circonda. Noi adulti siamo i ciceroni di questi viaggiatori e li conducono ad osservare le cose più belle che fanno il loro ingresso nella vita umana. Quindi, bisogna stare attenti alle loro esigenze, soddisfare le loro curiosità, rispondere alle loro domande, insegnare loro a meravigliarsi e a essere leali: sarà un viaggio fantastico!
Per il benessere futuro dei bambini è necessario che diventino resilienti, in modo che imparino a gestire lo stress e i sentimenti legati all’ansia e alle incertezze, in modo da avere una maggiore capacità di affrontare le delusioni e diventino buoni uomini e donne capaci in poche parole esseri umani adulti, sereni, in pace con se stessi e con la società in cui vivono.