Anche quest’anno sta per cominciare per gli alunni del secondo ciclo la “liturgia” degli esami di Stato, ancora definiti “esami di maturità” per sottolinearne la valenza di momento di passaggio alle responsabilità dell’età adulta.
Quest’anno saranno circa mezzo milione i candidati, tra interni ed esterni, ed opereranno circa 13.000 commissioni, con un impegno di spesa stimabile, per i soli compensi dei commissari, intorno ai 100/150 milioni di Euro. La macchina organizzativa, complessa e costosa, è stata avviata fin dall’inizio dell’anno scolastico, coinvolgendo segreterie scolastiche, articolazioni territoriali del MIUR, dirigenti scolastici, docenti e alunni.
Tuttavia, a fronte di tanta complessità e dell’entità dei costi connessi, viene da chiedersi se valga ancora la pena di continuare a fare gli esami di Stato, almeno per come si svolgono oggi.
Infatti, secondo i dati pubblicati dal MIUR, lo scorso anno i promossi sono stati il 99,5% dei candidati ammessi, cioè praticamente tutti. Incrociando poi il dato relativo alla distribuzione dei punteggi conseguiti dai diplomati con la media dei voti riportati da questi nelle singole discipline negli scrutini finali di ammissione agli esami, svolti solo una decina di giorni prima, se ne ricava la convinzione che le commissioni orientino il loro operato verso una sostanziale conferma dei valori in gioco, discostandosi nelle loro valutazioni solo di pochi punti rispetto alla media trasformata in centesimi.
Anche le modalità di conduzione dell’esame non aggiungono nulla di nuovo al lavoro dei docenti della classe. Un esempio per tutti è il colloquio orale, svolto di norma nella forma di una onerosa “multi-interrogazione”, distante anni luce dalle indicazioni normative che parlano di un “colloquio svolto su temi di interesse multidisciplinare”, teso ad “accertare la padronanza della lingua, la capacità di utilizzare le conoscenze acquisite, di collegarle nell’argomentazione e di discutere ed approfondire sotto vari profili i diversi argomenti”.
Il colloquio, quindi, e in generale l’esame nel suo complesso, da momento di verifica della capacità del candidato di utilizzare autonomamente e con responsabilità le conoscenze possedute, le abilità e le capacità personali in una particolare situazione della sua vita di studente (competenza), si trasformano in un ulteriore particolare momento di verifica sommativa.
Nel passaggio da studente a candidato che in pochi giorni l’allievo subisce, non gli è più sufficiente aver dimostrato durante l’anno il possesso delle conoscenze per le quali è stato positivamente scrutinato ed ammesso all’esame, ma deve darne ulteriore dimostrazione alla commissione, quasi a dover confermare che i docenti del consiglio di classe lo abbiano correttamente valutato.
Che senso ha, alla luce di queste considerazioni, mantenere in piedi l’esame di Stato? Qualcuno potrebbe ribattere che la sua vera valenza sia quella di segnare per i ragazzi uno dei primi momenti del passaggio dall’adolescenza all’età adulta. Ma anche questa obiezione, in realtà, si regge a stento. Infatti, come ampiamente certificato da innumerevoli studi sociologici, oggi le soglie dell’età adulta, i veri momenti dell’assunzione di responsabilità, si sono spostati per i ragazzi molto più avanti negli anni rispetto all’età in cui concludono il percorso di studi di secondo grado. L’esame è certamente un momento di confronto per loro, ma con quanta consapevolezza viene vissuto? Quanti sono i casi in cui, di fronte a un candidato “debole”, più del ragazzo sia la commissione a preoccuparsi del modo in cui condurre l’esame per mettere l’alunno a suo agio e consentirgli di saltare l’ostacolo?
In realtà, l’unico vero motivo per cui l’esame di Stato è veramente necessario è la sua connessione con il valore legale del titolo di studio, sulla cui abolizione il mondo della scuola esprime largamente parere contrario.
In ogni caso, sia alla luce di queste considerazioni, sia in vista della riforma dell’esame di Stato che dovrebbe entrare in vigore il prossimo anno scolastico e che prevede, tra l’altro, un aumento del credito scolastico da 25 a 40 punti e la valutazione delle esperienze di alternanza scuola lavoro ai fini dell’esame stesso, è estremamente urgente una costruttiva riflessione sul percorso valutativo e sulla migliore modalità per concludere il percorso scolastico di secondo grado.