Ci sono due notizie, collegate tra loro più di quanto si possa immaginare, che dovrebbero far accendere una lampadina: una è quella dello studente che ha lanciato il cestino della spazzatura contro la professoressa, e un’altra passata inosservata di un lettore che si chiedeva se gli studenti ancora oggi a scuola o all’università si alzassero nel momento in cui entra in classe l’insegnante.
Perché sono collegate? Perché il tema di fondo è lo stesso: il ruolo dell’insegnante e quello degli studenti, il rispetto dovuto all’insegnante per il suo ruolo, prima che per la persona. Quindi a prescindere, dalla persona.
L’insegnante è colui (o colei) che insegna una materia, quindi una parte della vita. Perché allora domandarsi se sia giusto alzarsi o meno? Non dovrebbe soltanto essere giusto, ma normale.
Istituti, scuole magistrali, licei: il professore entra, la classe si alza in piedi. Il professore si siede, la classe si siede e può cominciare la lezione.
All’università non funziona così, anzi. Il professore entra in aula e la classe è già bella che seduta. Nel migliore dei casi, la classe si zittisce.
Tra il professore e lo studente esiste una differenza di ruolo, ma soprattutto di sapere: il primo dona il sapere, il secondo lo riceve. E ringrazia. Ecco, il ringraziamento si esprime (anche) alzandosi in piedi quando entra in classe o in aula l’insegnante, nel senso di colui (o colei) che insegna.
Significativa a questo proposito la storia di un ufficiale italiano rinchiuso in un campo di concentramento dai tedeschi: potendo ricevere pacchi da casa attraverso l’operato della Croce Rossa, scriveva ai familiari: «Qui si muore di fame, ma il prossimo mese nel pacco, invece di una torta, mettetemi una Divina Commedia».
Cosa insegna questa storia? Che quello che porta come dono l’insegnate ai suoi studenti è così prezioso che alzarsi in piedi è il minimo che si possa fare, come segno di rispetto per la persona che regala la cultura, da parte di chi la riceve, ma soprattutto come segno di rispetto per sé stessi, da parte dei ragazzi, per dare un valore a quello che ricevono.
Per questo, il Ministero dovrebbe imporlo come obbligo.