Il Comitato Nazionale Docenti Vincolati invia una comunicazione al Ministro Bianchi.
“Al momento della vostra nomina a ministro, il Comitato Nazionale Docenti Vincolati ha riposto in lei grandi speranze. Tutti i nostri interlocutori si dicevano soddisfatti di questa scelta, riconoscendola come una persona di buonsenso e, soprattutto, aperta al dialogo, qualità purtroppo assente in colei che l’ha preceduta” esordiscono i rappresentanti dei docenti vincolati.
“Da allora quasi un anno è passato e a parte alcune dichiarazioni strappate durante un incontro online avvenuto lo scorso maggio e una breve conversazione con i manifestanti di Ferrara, ben poco ci è rimasto di lei che non fosse filtrato attraverso suoi collaboratori, politici, sindacalisti e organi di stampa“.
“Ad ogni “il ministro conosce il problema e sta cercando una soluzione”, ottenevamo in concreto solamente delusioni sotto forma di emendamenti dichiarati inammissibili quando non espressamente respinti dal ministero, di riduzioni, sì, ma senza la possibilità di richiedere la mai negata mobilità annuale, necessaria per le situazioni familiari più difficili, di nuovi vincoli ulteriormente vessatori, e ulteriori legificazioni delle materie di pertinenza della contrattazione sindacale“.
“Se queste sono le soluzioni, ci chiediamo se si sia davvero ben compreso il problema. Forse ciò che è mancato è stato proprio il contatto con i diretti interessati. Meno di una settimana fa ha dichiarato che le rimostranze dei sindacati che hanno deciso di scioperare per la scuola sono ingiuste, e che voi avete messo 10 miliardi nella scuola, eppure sembra già confermato che gli stipendi dei docenti aumenteranno di poco più di 10 euro al mese“.
“Come può apprezzare questo aumento chi viene costretto dallo stato a spendere metà o più del proprio stipendio in spese di trasporto o affitto, oltre che a stare lontano dai propri affetti, mentre cattedre ben più vicine restano vacanti o vengono affidate a personale non in possesso dei requisiti? Perché ostinarsi ancora a non voler attuare una misura che non genererebbe oneri per lo stato? Quale proficua continuità didattica può essere portata avanti da chi vive la propria giornata solo nell’attesa di tornare a casa?“.
“Il personale finito a 200, 300 o anche più km dalla propria residenza chiede solo di poter prestare il proprio servizio annualmente in una cattedra più vicina; nessuno pretende che sia sotto casa, ma che sia perlomeno in posti più facilmente raggiungibili o con collegamenti diretti. Sembra assurdo che in tempi di pandemia ci si ostini ancora a negare un diritto da sempre garantito a tutto il personale, costringendo i docenti immessi a partire dall’anno 2020/21 a prendere anche sei mezzi pubblici al giorno per raggiungere il proprio luogo di lavoro, esponendo sé stessi, la propria famiglia e le proprie classi ad un fortissimo rischio di contagio”.
“Questa volta non accetteremo un “non dipende da me”. In quanto ministro lei ha il potere di porre fine a questa ingiustizia, e decidere di farlo o meno definirà quella che sarà, in primis, la sua linea su questa questione” concludono.