In queste ultime settimane, l’Università italiana è stata investita da una pesante denuncia: 7 docenti universitari sono stati arrestati per il reato di corruzione e altri 22 sono stati interdetti dallo svolgimento delle funzioni di professore universitario.
L’indagine è stata avviata a seguito di una segnalazione di un ricercatore. Dopo essersi candidato al concorso per l’abilitazione all’insegnamento nel settore del diritto tributario, il ragazzo sarebbe stato contattato da alcuni docenti della commissione, i quali avrebbero cercato di indurlo a ritirare la propria domanda, in modo favorire un altro candidato. Inoltre, gli avrebbero garantito l’abilitazione nella tornata successiva.
A causa di questo fatto, 500 militari della Guardia di Finanza hanno eseguito più di 150 perquisizioni in tutto il territorio nazionale, attraverso le quali sono stati accertati ulteriori casi similari. In totale, sono 59 i docenti attualmente indagati.
“Forse l’Università italiana è malata?”
Le denunce, in merito agli episodi di corruzione, hanno portato a una profonda riflessione sul sistema universitario. In un lungo e complesso articolo pubblicato sul quotidiano “Corriere.it”, il giornalista Carlo Rovelli ha evidenziato come l’Università sia caratterizzata da molteplici problematiche: “Forse l’Università italiana è malata? Ha bisogno di tutela, cura o ridimensionamento?”.
“Non è priva di difetti, ma è fra le migliori del mondo. Certo, non abbiamo Cambridge o Harvard, ma non abbiano neanche il brutale elitarismo sociale che le nutre, per fortuna. Non abbiamo le ‘grandes écoles’ francesi, ma molte delle università francesi sembrano terzo mondo rispetto alle nostre. Qualcuno si lamenta che abbiamo troppi laureati? Fra i Paesi avanzati siamo il Paese che ne ha percentualmente meno. Qualcuno di lamenta che abbiamo troppe università? L’Inghilterra ne ha molte più di noi”, ha spiegato il giornalista.
Le “malattie” del sistema universitario
Secondo quanto riportato dall’articolo, il problema iniziale dell’Università italiana risiederebbe nella mancanza di risorse. In effetti, la crisi globale che ha investito anche il nostro Paese avrebbe portato a ridurre drasticamente gli investimenti e le risorse nel campo dell’istruzione.
Come se non bastasse, a ciò si aggiungono dei provvedimenti dall’effetto devastante. Basti pensare alla norma recentemente introdotta, in base alla quale è necessario un certo numero di citazioni e pubblicazioni per poter assumere un ruolo universitario. “L’intenzione della norma era quella di evitare assunzioni immeritate, il risultato è bloccare assunzioni meritatissime e spingere i giovani a pubblicare tanto e male, anziché poco e bene”, ha dichiarato Carlo Rovelli.
Questa nefasta situazione, tuttavia, si riconduce ad una “malattia” più grave: la sfiducia nella cultura. Come spiega il giornalista, vi è una crescente tendenza, da parte della politica, ad intendere la cultura e l’intelligenza, caratteristiche dell’Università, come una “fastidiosa sorgente di critica”. Tale concezione ha, però, causato tentativi di rimedio erronei: “Aggiungere regole, moltiplicare automatismi e vincoli, togliendo responsabilità e fiducia a chi decide, come se l’eccellenza fosse qualcosa che si potesse riconoscere con algoritmi”.
“E il disastro è servito”
La dura riflessione di Carlo Rovelli ha scatenato i pensieri di gran parte del mondo universitario e scolastico. Tra essi, spicca l’intervento del dirigente scolastico Antonio Fini, che, in modo pungente, ha commentato: “A parte la ‘popolazione tra le più colte’ del pianeta (veramente risultiamo tra i più ignoranti), per il resto concordo pienamente. Fiducia e responsabilità, le stesse che mancano nel mondo della scuola e in generale in tutta la Pubblica Amministrazione”. Successivamente, ha chiarito: “La responsabilità di ‘scegliere’. Oggi a Didacta una collega lamentava, giustamente, di non poter scegliere i formatori, grazie al micidiale meccanismo dei bandi”.
Per Antonio Fini, tali mancanze porteranno ad un’esasperazione: “Al posto di fiducia e responsabilità, massiccia burocrazia. E il disastro è servito”.