Da diversi anni a questa parte vi è stata una evidente rivoluzione riguardante l’uso dei cellulari.
Infatti dal vecchio e affidabile apparecchio a tastiera, con opzione per mandare messaggi si è passati allo smartphone, uno strumento quasi irrinunciabile oggi più che mai si può definire un’appendice della persona, un suo prolungamento.
Lo smartphone è utilizzato per fare di tutto, non solo telefonare e mandare messaggi, anche per video chiamare, giocare, scattare e condividere fotografie, rimanere aggiornati e navigare su internet. I prezzi variano ma è uno strumento accessibile a tutti.
E’ notizia recente la proposta del ministro dell’istruzione Valeria Fedeli di dotare gli studenti italiani di smartphone ad uso didattico.
In particolare il ministro dichiara che: “a tredici anni lo smartphone è uno strumento che facilita l’apprendimento”, riferendosi alla gestione dice che: “sarà regolamentato dai docenti e che non sarà gestito individualmente dagli alunni”.
Naturalmente la fattibilità dell’iniziativa verrà vagliata da una commissione di esperti che dovrà redigere una circolare con indicazioni per tutte le scuole coinvolte.
A questo punto la domanda che ci si deve porre è: perché non sarebbe utile l’uso di questo strumento?
Il ministro Fedeli ha ampiamente spiegato il suo punto di vista e le motivazioni che la spingerebbero ad attuare un tale cambiamento, ma quello che si deve osservare è tutta una serie di motivazioni del perché non si deve fare.
Partendo dall’ultima dichiarazione del ministro che lascerebbe ai docenti la vigilanza riguardo all’uso, si deve porre l’accento sul fatto che il docente è uno e gli alunni sono un numero variabile da venti a trenta, come potrebbe il docente vigilare su tutti gli alunni? Per quanto bravo e capace l’insegnante non può avere una visione onnisciente della classe, già fare lezione è un impegno gravoso, così si caricano i docenti di un fardello troppo pesante e si deconcentrano gli alunni.
La concentrazione è fondamentale per l’apprendimento, lo smartphone è fonte di distrazione.
Sempre riguardo all’ultima dichiarazione del ministro, c’è da chiedersi come si intende gestire collettivamente l’uso dello smartphone, essendo un dispositivo piccolo la gestione può essere solo individuale e qui la domanda torna, come farebbe un docente a vigilare su tutti gli alunni?
Altra motivazione: lo smartphone è uno strumento social, che tiene in contatto milioni di persone ma sostanzialmente tende ad isolare chi lo usa, la lezione deve essere partecipata dallo studente, se si isola nelle sue ricerche e non si concentra sulla lezione, come può esprimersi al meglio?
Inoltre Maria Montessori sosteneva che: “la mano è l’organo dell’intelligenza”; l’uso di smartphone e tablet non consente una corretta mobilitazione di polso e dita.
Infatti il movimento di abduzione e adduzione dell’avambraccio con dito esteso a scorrere lo schermo tiene le mani bloccate e sia la motricità fine che i movimenti del polso sono compromessi, per non parlare della postura del capo che continuamente flesso sul torace tende a provocare dolori cervicali nella migliore delle ipotesi.
Di fatto tale condizione porta a disturbi del linguaggio e della vita sociale, in quanto le mani sono i primi punti di contatto senso motorio del bambino con il mondo esterno e continueranno ad esserlo per diversi anni, crescendo con lui e aiutandolo nella scoperta del mondo e soprattutto nella sua comprensione.
A tal proposito, l’ambiente esterno è ricco di stimoli, pertanto una lezione all’aria aperta potrebbe essere più didattica di un’aula chiusa e uno smartphone, anche alla luce del fatto che al giorno d’oggi i ragazzi tendono a chiudersi nelle loro camere per utilizzare proprio dispositivi come lo smartphone, compromettendo ulteriormente la socializzazione.
Non a caso in Giappone i giovani hanno sviluppato una nuova patologia chiamata Hikikomori, letteralmente “isolarsi”.
I fini didattici enunciati sono spesso legati a ricerche su argomenti vari, un tempo tali ricerche si svolgevano sui libri presi in prestito in biblioteca o acquistati.
Sfogliare un libro è un’eccellente ginnastica per le dita e quindi per la motricità fine. Sentire l’odore e il rumore delle pagine che frusciano è uno stimolo accattivante e dolce per i sensi. Le ricerche svolte sui libri sono lunghe e faticose e obbligano il “ricercatore” a recarsi in biblioteca.
Questo insegna ai ragazzi il senso della fatica per raggiungere un obiettivo, mantiene la loro mente attenta e attiva, stimola in loro la curiosità e permette loro di vivere un luogo come la biblioteca (luogo di cui tutte le scuole sono fornite) o in libreria.
Leggere poi, porta ad una buona conoscenza della lingua.
Lo smartphone propone una ricerca in pochi secondi e comodamente seduti.
Per non parlare della diffusione di video e foto anche durante le lezioni, cose già accadute nelle scuole italiane.
Vi sono poi, una serie di personaggi autorevoli contrari all’uso dello smartphone in classe. Si riportano di seguito alcuni esempi.
Luca Pisano, psicoterapeuta ed esperto di cyber bullismo dice che “Con gli smartphone non si sviluppa l’apparato psichico”. La prof. Angela Biscaldi, docente presso l’università di Milano, sostiene che: “Nessuno strumento migliora magicamente l’apprendimento, servono professori motivati”.
Nel 2011 l’OMS classificava i cellulari come prodotti cancerogeni.
Il 15-03-07 l’allora ministro della pubblica istruzione Fioroni pubblicava una circolare contro l’utilizzo del cellulare in classe.
Il segretario del CODACONS, l’avv. Carlo Rienzi definisce la proposta “Follia allo stato puro” e minaccia un’azione legale contro il ministero se dovesse essere approvata.
Per finire secondo dati OCSE l’Italia è uno degli ultimi paesi membri per efficienza scolastica e preparazione degli studenti, non sarà l’uso dello smartphone a migliorare questo andamento.