Voglio raccontarvi due brevi aneddoti.
Somministrazione prova in una prima media; spiego che la prova non valuterà l’alunno e che, infatti, è anonima. Un ragazzino sveglio (ma i miei lo sono tutti perché li abituo a ragionare, non a memorizzare) commenta: “come fa ad essere anonima se c’è un numero e un codice che corrispondono al mio nome?”.
Secondo aneddoto, terza media; i fratelli e gli amici che hanno fatto l’esame l’anno precedente hanno raccontato che l’Invalsi ha loro abbassato la media. Uno mi domanda cosa voglia dire Invalsi ed io spiego che è un acronimo di Istituto nazionale per la valutazione del sistema istruzione e lui commenta: “e cosa c’entra il mio voto di uscita con il sistema istruzione?”.
Grandi verità.
Per prima cosa non si può fare una prova nazionale a livello scuola secondaria di primo grado perché ci sono troppe realtà diverse; come si può paragonare una scuola del centro di Milano, con ragazzi con genitori laureati, benestanti, che fanno loro prendere ripetizioni anche se, magari, non ne hanno bisogno, con una scuola di campagna, sulle montagne del Molise (con tutto il rispetto), con ragazzi che hanno i genitori contadini, allevatori, che non possono dare loro aiuto né diretto, né indiretto? Vero che a livello nazionale c’è l’esame di maturità, ma è un discorso diverso: alle superiori c’è già stata un preselezione, con ragazzi di un certo livello culturale che fanno il classico o lo scientifico, altri che fanno il tecnico, altri ancora le professionali, tutti con prove dedicate e non comuni a ogni ordine di scuola.
Al tempo della maturità i figli dei contadini magari hanno già smesso di studiare.
Quindi già come valutazione del sistema scolastico è un fallimento. Sono più bravi i docenti delle scuole del centro di Milano di quelli di campagna? È evidente che no, non è detto.
Anche nell’ambito della stessa scuola la formazione classi non è mai equa e, si sa, il livello scende dalla sezione “A” a decrescere in ordine alfabetico e se sono scuole a indirizzo musicale, nelle sezioni che fanno musica ci sono i ragazzi più bravi, ricchi, educati (non è detto…), mentre nelle altre tutti gli altri alunni, compresi gli stranieri che non possono permettersi una tastiera o una chitarra: è meno bravo l’insegnante che riesce a insegnare loro l’italiano e le quattro (o sei) operazioni?
Ma soprattutto l’Invalsi per l’esame è veramente devastante perché falsa i risultati di un triennio di lavoro.
Come possono i signori dell’Invalsi (che per inciso non insegnano, visto che lavorano lì), sapere quale programma hanno fatto i singoli docenti e le singole classi o scuole? Ho visto un quesito sul teorema di Talete: alzino la mano i docenti di matematica che fanno Talete nel loro programma: io non ne ho conosciuto nessuno e insegno dal 1980, quando ero ancora studente.
Peraltro ci sono diversi errori e quesiti discutibili.
Uno per tutti: si chiede la probabilità che estratto un certo numero fra 90 questo esca di nuovo all’estrazione successiva, si vuole sapere se sia più o meno probabile degli altri numeri.
La risposta semplicistica è che la probabilità è uguale, il che vuole dire che i signori invalsi non hanno mai giocato al lotto e, soprattutto, che ignorano la legge dei grandi numeri che dice che se le estrazioni sono abbastanza numerose tutti i numeri devono uscire un ugual numero di volte, quindi la probabilità che l’estratto esca due volte di seguito non è esattamente la stessa.
Se alla roulette esce nero, io gioco rosso.
Non ci sono soldi per l’istruzione? No si possono pagare i supplenti per le ora buche e si dividono le classi? Bene, aboliamo l’Invalsi, risparmiamo sui ricchi stipendi dei dirigenti e diamo quei fondi alle scuole. Su come poi queste li spendano, è un altro discorso che affronteremo in altro momento.
Marco Ernst, insegnante