Collaboratrice Scolastica: “Ho Fatto La Pendolare Napoli Roma, Ora Sono Rientrata a Casa e Sto h24 con il Cellulare in Mano Sperando in una Supplenza”

Luisa Dolmetti, una collaboratrice scolastica precaria, trascorre la sua giornata attaccata al cellulare nella speranza di ricevere una chiamata per un incarico temporaneo. Questo lavoro è diventato sempre più raro da quando ha deciso di mettersi in graduatoria ATA nella sua provincia, Napoli, per poter stare vicino ai suoi giovani figli e evitare il pendolarismo da e per Roma.

“Dal 2020 ho lavorato nelle scuole di Roma durante la pandemia”, racconta a Orizzonte Scuola. “Ogni giorno affrontavo rischi perché dovevo prendere il Frecciarossa, la metropolitana e il pullman come pendolare, entrando in contatto con molte persone, mettendo così a repentaglio me stessa e la mia famiglia”.

“Avevo figli piccoli, quindi dopo due anni ho deciso di fare ritorno a Napoli con l’aggiornamento, ma in retrospettiva è stata una decisione sbagliata”, dice con rimpianto. Per Luisa, non c’erano alternative: “Una madre non ha scelta, specialmente quando non ci sono aiuti disponibili”.

Una volta tornata a Napoli, è riuscita a ottenere un contratto legato all’emergenza Covid. Il governo aveva stanziato fondi per coprire le necessità legate alla pandemia, comprese le supplenze aggiuntive.

“Dallo scorso anno a oggi, sono stata a casa”, continua a raccontare. “Ho lavorato solo 14 giorni, e devo considerarmi fortunata”.

Luisa, facendo riferimento anche a un episodio in cui due bambine di sei anni sono fuggite dalla scuola, evidenzia l’importante ruolo di sorveglianza svolto dai collaboratori scolastici e si chiede quando il governo darà la giusta importanza all’istruzione, che rappresenta una base fondamentale per il futuro dei nostri figli e del nostro paese. Si chiede anche come una collaboratrice possa essere nello stesso momento in bagno a lavarsi le mani e sorvegliare gli studenti.

“Qui a Napoli, la prima fascia di collaboratori è ancora a casa. Avete idea di cosa significhi stare 24 ore su 24 con il telefono in mano, sperando in una chiamata per una misera supplenza?” si sfoga Luisa. “Le chiamate arrivano all’improvviso, bisogna rispondere subito o si perde l’opportunità”. Infine, conclude: “È possibile condurre una vita dignitosa in questo modo, vivendo nella costante speranza di una email o una telefonata, e trascorrendo le giornate con un cellulare in mano, desiderando ardentemente di lavorare?”.

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