Grande cambiamento quello che sta avendo luogo in Francia dove la misura presa dal presidente Emmanuel Macron potrebbe diventare effettiva. È una novità davvero importante e che sta facendo molto discutere.
La scuola dell’obbligo non inizierebbe più a 6 anni ma a 3 e questo è al centro di un dibattito poiché ci si chiede se i bambini siano già pronti per andare alla Scuola dell’Infanzia. Gli esperti non avrebbero dubbi al riguardo, tant’è che si dimostrano d’accordo con la linea intrapresa dal presidente francese: “La fascia d’età tre-sei anni rappresenta il periodo evolutivo durante il quale il bambino è pronto a uscire dal proprio nido familiare e iniziare ad aprirsi al mondo”. A dirlo è Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta dell’età evolutiva che ha trattato il medesimo tema sul suo libro “Il metodo famiglia felice. Come allenare i figli alla vita”.
Lo psicoterapeuta prosegue dicendo che i genitori hanno un compito davvero importante, ovvero “allenare” i figli alla separazione in modo tale da educare il loro bisogno di esplorazione. L’interazione con i coetanei serve al bambino ad apprendere le competenze pro-sociali ed emotive e questo lo porterà, ad esempio, ad autoregolarsi (condizione fondamentale per relazionarsi con gli altri).
Quindi un bambino che inizia la primaria senza aver frequentato la materna potrebbe essere tranquillamente preparato dal punto di vista cognitivo, ma più impreparato emotivamente, faticando soprattutto nel primo periodo scolastico e riscontrando difficoltà nell’integrazione.
La misura adottata dalla Francia è piuttosto simbolica dato il fatto che quasi tutti i bambini francesi iniziano la scuola già a partire dal terzo anno d’età. Alberto Pellai dice quindi la sua al riguardo: “La decisione del presidente francese di abbassare l’età per la scuola dell’obbligo, portandola dai sei ai tre anni tocca molte delle dimensioni essenziali per preparare i figli ad affrontare la vita: tutto ciò che riguarda le competenze sociali che ruotano intorno alla sfera scolastica, ma anche quelle emotive e relazionali. Ma tale scelta, inevitabilmente, sarebbe difficile da attuare nel nostro paese. In Francia il governo sostiene con varie misure e agevolazioni le famiglie, mentre in Italia, il concetto di welfare familiare è estremamente trascurato: da noi, spesso, la scelta di non mandare un figlio all’asilo a tre anni non è soltanto legata a un fattore culturale, ma anche economico e psicologico. Nei nuclei familiari in cui è soltanto un genitore a lavorare, ci potrebbe essere la tendenza del coniuge che non lavora a prendersi cura del bambino all’interno delle mura domestiche per alleviare quella dimensione di vuoto che potrebbe provare, sentendosi più attivo”