Maurizio Parodi, a capo del movimento “Basta Compiti” ha presentato una domanda di riforma al Ministero dell’Istruzione. La sua intenzione è quella di regolamentare il carico di compiti da svolgere a casa, riducendoli. Andiamo a vedere nel dettaglio in cosa consiste questa proposta.
LA POSTA IN GIOCO
Nella lettera indirizzata al ministro dell’Istruzione, il dirigente scolastico Parodi scrive: “è in gioco la qualità della vita, non solo scolastica, di milioni di cittadini, e, non meno importante, la qualità dell’offerta formativa di un intero sistema”.
Il movimento da lui promosso e sostenuto, “Basta compiti”, è stato protagonista di una campagna di regolamentazione del carico di compiti da svolgere a casa. Campagna che ha contato più di 36 mila adesioni in tutta la penisola.
L’obiettivo della campagna? Auspicare “la disponibilità dei docenti, dei dirigenti e degli organi di gestione della scuola a valutare i contenuti della proposta, senza pregiudizio, guardando al benessere e alla crescita culturale dei giovani loro affidati.”
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Parodi giustifica la riforma proposta avvalendosi anche della legge italiana, scrivendo che questo intervento “risulterebbe ampiamente legittimato dalla necessità di garantire allo studente il diritto al riposo e al tempo libero, a dedicarsi al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età… sancito dall’art. 31 della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ratificata dallo Stato italiano il 27 maggio 1991, con legge n.176, ma ampiamente disatteso”.
Secondo Parodi e gli altri 36 mila aderenti alla sua campagna, è arrivato il momento di agire e di trovare una soluzione a questo problema da tempo ignorato. Quale modo migliore per farlo se non tramite un dibattito?
QUALI SAREBBERO LE CONSEGUENZE DELLA RIFORMA?
La riforma proposta da Maurizio Parodi non provocherebbe oneri economici, ma consentirebbe una riduzione del gap che allontana l’Italia da molti altri paesi, europei e non, nel campo dell’istruzione e dell’analfabetismo funzionale.
Si tratta di un’iniziativa urgente, “considerata la mole soverchiante di lavoro imposto, fin dai primi anni di scuola, agli studenti italiani e alle loro famiglie (che non ha eguali in Europa)”. Parodi prosegue nella sua lettera presentando un esempio pratico. “si danno compiti a casa persino ai bambini (6-11 anni) che frequentano le scuole a tempo pieno: dopo 8 ore di immobilità forzata in aule più o meno confortevoli e sovraffollate, non è infrequente che si assegnino compiti tutti i giorni, nei week end e durante le vacanze”.
La sua non è tanto una critica nei confronti del sistema scolastico italiano, ma un tentativo di aprire gli occhi su una situazione ormai troppo grave per continuare ad essere ignorata. Secondo Parodi, vigerebbe nell’ambiente scolastico una sorta di “ignoranza reciproca” da parte dei docenti nei confronti della gravosità del carico didattico che pesa sulle spalle di studenti e genitori. La riforma “Basta compiti”, in questo senso, mira a generare un dibattito riguardo l’argomento.