Si è talmente convinti che non accada mai nulla, al punto di non comprendere che diffondere malefatte di ogni tipo equivale ad un’autodenuncia.
Vorrei però esprimere una riflessione a proposito: dieci anni fa circa, a seguito di una banalissima nota, fui aggredita da un giovanotto minorenne (ma nemmeno troppo). I compagni lo afferrarono di peso e lo costrinsero a ritornare al suo posto, salvando non solo me, ma anche lui che si ostinava a strapparmi l’ormai defunto registro di classe e ad afferrarmi per il braccio per trascinarmi dal preside, urlando e strattonandomi.
Sì, esatto: io dovevo essere portata da lui in presidenza perché avevo osato annotare che “ X impedisce alla classe di effettuare la prova di ascolto con le sue chiacchiere continue”.
I compagni fecero muro intorno a me, qualcuno disse “ma sei impazzito, tu non stai bene…”
Se fosse accaduto oggi, non sarebbe andata certo così. Con molta probabilità, sarei anch’io uno dei tanti filmati che documentano le gesta dell’eroe che prende a calci, sfregia, insulta chi sta applicando un regolamento, chi sta lavorando, chi rappresenta l’Istituzione.
Ovviamente, come per i lanciatori dei sassi dal cavalcavia, saremo sommersi per qualche tempo da queste notizie.
Un’eco spaventosa che sta costando all’Italia centinaia di migliaia di euro per progetti e formazione per la prevenzione ed il contrasto di comportamenti devianti.
Non sono il bullismo e nemmeno cyberbullismo la causa di questo sfacelo.
È l’effetto di decenni di denigrazione dei valori che straripa e non riusciamo a contenere. È l’effetto del branco che si cementifica nell’abbruttimento e trova legittimazione nell’iperprotezione e nella banalizzazione di azioni che vanno dalla semplice infrazione al regolamento al crimine.
Ci costerà moltissima fatica.
Mi auguro che questi giorni di continua diffusione di notizie dalla scuola non si concretizzino meramente nel solito chiacchiericcio all’italiana, ma che siano opportunità di riflessione profonda e sentita.
Io osservo migliaia di ragazzi ogni giorno: c’è tanto di buono ancora. Per fortuna. È da là che dobbiamo ripartire. È sui buoni che dobbiamo puntare. Sono loro il nostro faro, la nostra leva, la nostra forza.
I bravi ragazzi esistono ancora.
È di loro che bisogna parlare, bisogna diffondere a più non posso ciò che fanno i ragazzi che valgono.
Devono essere loro i protagonisti della scena.
Bisogna dare spazio al Bene.
− Francesca Di Liberti, Dirigente Scolastico