Una buona notizia ci viene da un team di studiosi del Centro per la ricerca di neurodegenerazione traslazionale e del Medical Center presso l’Università del Texas Sudoccidentale di Dallas. Gli scienziati hanno per la prima volta bloccato in laboratorio l’azione tossica di una proteina che favorisce l’accumulo delle placche di beta amiloide nelle cellule.
Potrebbe questo essere un traguardo rivoluzionario per la nascita di un vaccino o di altro tipo di farmaco per la prevenzione dei casi di Alzheimer dal 50 all’80%. I ricercatori, coordinati dal dottor Joachim Herz, del Dipartimento di genetica molecolare dell’ateneo americano, si sono concentrati sullo studio delle alipoproteine, un gruppo di proteine che si lega ai lipidi (come il colesterolo) e che è in grado di trasportarli nei vari distretti dell’organismo, tessuto cerebrale compreso.
Le alipoproteine si presentano in diverse varianti genetiche (ApoE2, ApoE3, ApoE4 etc etc); e a quanto pare le persone che esprimono l’ApoE4 hanno un rischio di sviluppare l’Alzheimer dieci volte maggiore rispetto a coloro che esprimono invece le altre forme principali. Per esprimere il concetto in modo più elementare, possiamo dire che ApoE4 genera dei veri e propri “ingorghi” nel traffico cellulare, da cui viene quindi favorito l’accumulo dei grovigli di proteina tau e placche di beta amiloide, intimamente connesse alla neurodegenerazione ed ai sintomi fisici e cognitivi della demenza più diagnosticata al mondo (si stima colpirà 115 milioni di persone entro il 2050).
Attraverso degli esperimenti sui topi, gli scienziati hanno scoperto che, abbassando il pH dei corpi vescicolari che si occupano del trasporto delle sostanze all’interno delle cellule (endosomi), gli ingorghi causati da ApoE4 possono essere prevenuti. In altre parole i ricercatori hanno tentato di ostacolare uno dei fattori genetici considerati più impattanti nello sviluppo del morbo di Alzheimer agendo geneticamente e farmacologicamente su una proteina chiamata NHE6, che è responsabile dell’acidità degli endosomi.
Effetto di tale scoperta è la possibile creazione di un farmaco o un vaccino da somministrare prima dei 40 anni, che potenzialmente dovrebbe poter prevenire il rischio di sviluppo Alzheimer. E il dottor Herz, entusiasta del lavoro del proprio team di ricerca, ha dichiarato: “Una semplice pillola potrebbe un giorno neutralizzare il rischio del morbo di Alzheimer a esordio tardivo, così come le statine facilmente disponibili sono in grado di ridurre il rischio di malattie cardiovascolari”. Sia sulla rivista scientifica eLife che sul sito dell’ateneo di Dallas è possibile trovare i dettagli riguardanti tale ricerca.