La campionessa paralimpica Bebe Vio frequenta a Roma l’Università americana John Cabot e molti suoi compagni di studi, per la maggior parte stranieri, ignorano i suoi successi sportivi.
Lo racconta lei stessa al settimanale Grazia: “In realtà a scuola nessuno sa chi sono, gli italiani sono pochissimi. Mi sono presentata come Beatrice, non come Bebe e mi chiamano ‘B’. È strano, ma è anche bello tornare a presentarsi, perché nessuno ha pregiudizi su di me“. La schermitrice dice di non rimpiangere per niente il fatto di essere anonima: “Non sono una che stravede per il fatto che la gente mi riconosca e sappia tutto di me. A scuola sono molto naturale, come tutti gli altri. Non sanno neanche che pratico scherma“, ha spiegato nell’intervista, “La sera in cui sono arrivata a Roma siamo uscite subito a cena. Un gruppo di ragazzi ci ha fermato chiedendomi una foto. ‘Vi conoscete?’, mi hanno chiesto le mie coinquiline. ‘Sì, siamo vecchi amici, era un sacco che non li vedevo’, rispondo. Poi arriva un’altra ragazza: ‘Ma conosci anche questa?’. Allora ho dovuto spiegare chi sono“.
In futuro vorrebbe “fare il lavoro di Giovanni Malagò, anzi qualcosa di più. Cioè non solo il presidente del Coni (Comitato olimpico nazionale italiano), ma anche del Cip, il Comitato italiano paralimpico. L’altro giorno prima di passare da lui gli ho scritto un messaggio: ‘Sei nel mio ufficio? Mi stai scaldando la poltrona?’. ‘Sì, sì, vieni pure, che sto iniziando a sgomberare la scrivania’, ha risposto“. E conclude: “I pregiudizi contro le donne sono meno acuti perché nello sport abbiamo già fatto vedere quanto siamo forti“.