Parliamoci chiaro: l’università non è né obbligatoria né la prescrive il medico. Eppure, nonostante ciò, i neodiplomati continuano ad iscriversi. Notizia veramente positiva se c’è voglia di fare ed imparare, un po’ meno positiva se hanno solo interesse a perdere tempo.
Spesso si incolpano i docenti, ritenuti poco idonei a saper interessare i ragazzi con argomenti che spesso possono risultare “pesanti ed indigesti”, eppure la facoltà è stata scelta proprio dai ragazzi. E allora perché seguono svogliatamente le lezioni?
Gli sforzi compiuti dalla categoria sono indiscutibilmente enormi eppure questi non vengono visti o apprezzati dai ragazzi, interessati solo ad ottenere “dal 18 in su” all’esame. Eppure frequentano le lezioni in maniera svogliata, quasi che l’aula fosse un circolo ricreativo. Questo ovviamente contribuisce solamente alla frustrazione dei docenti che parlano ad un gruppo di studenti-zombie più interessati allo smartphone che alla lezione in corso che sarà oggetto di esame.
Ma l’Italia ha davvero bisogno di questo? Cosa serve avere ragazzi laureati se poi non sono in grado di prestare attenzione nemmeno per un’ora e trenta di lezione (che si presuppone sia interessante per loro)? Purtroppo l’università è vista solo come un mezzo per ottenere un foglio di carta per fare concorsi o per accontentare la famiglia. Invece quel foglio dovrebbe rappresentare molto di più: dovrebbe essere il coronamento per gli sforzi fatti durante gli anni, dovrebbe rappresentare il traguardo di un lungo percorso.
Invece l’università sembra sfornare solo studenti disinteressati che l’hanno scelta come alternativa al sonnicchiare in casa. Qualcosa deve cambiare, e non si parla di un cambiamento di insegnamento. Deve mutare radicalmente il punto di vista dei ragazzi futuri laureati, devono entrare nell’ottica che se fanno quello che fanno è perché l’hanno scelto e hanno passione in quel che fanno. Se non c’è passione, è naturale che i professori perdano solo tempo, è come versare acqua in una bacinella bucata: inizialmente si riempie ma poi perde acqua, proprio come il sapere dei ragazzi che diviene sempre più effimero e dura solo fino alla prossima sessione d’esame.