Il Festival di Sanremo 2020 verrà, senza alcun dubbio, ricordato per le innumerevoli polemiche, ma soprattutto per una sola persona. Achille Lauro. Diodato ha sì vinto il Festival, ma una particolare menzione va data anche a Lauro. Il suo merito? Aver tremendamente spiattellato a tutti il problema del nostro paese: il maschilismo. E lo ha fatto con un suo codice, a volte totalmente irriverente e altre in modo sconvolgente. È per questo che si merita di essere il vincitore morale della 70esima edizione del Festival di Sanremo.
Achille Lauro è arrivato in gara con la canzone “Me ne frego“. Qualcuno pensava che avesse chissà che richiami, così come avevano pensato che la sua “Rolls Royce” fosse dedicata alle sostanze stupefacenti. Così, la platea e i telespettatori dell’Ariston hanno iniziato con un pregiudizio nei suoi confronti. Pregiudizio che è stato mantenuto anche durante le sue esibizioni, accolte da fischi e applausi sommessi.
Il cantante ha sceso le scale del palco di Sanremo vestito Gucci da capo a piedi. Ogni volta, ha interpretato un personaggio che ha ispirato positivamente la sua vita. La prima serata è stata dedicata a San Francesco. Achille Lauro si è presentato con un lungo mantello nero con ricami oro, per poi spogliarsi letteralmente e rimanere con un body brillantinato color carne. “San Francesco. La celebre scena attribuita a Giotto in una delle storie di San Francesco della basilica superiore di Assisi – ha spiegato il cantante – Il momento più rivoluzionario della sua storia in cui il Santo si è spogliato dei propri abiti e di ogni bene materiale per votare la sua vita alla religione e alla solidarietà“.
Seconda serata, quella dei duetti. Achille Lauro è apparso con un completo verde, la parrucca e un forte trucco negli occhi. Interpreta Ziggy Stardust, un alter ego di David Bowie. Spiegazione per questa trasformazione: “Anima ribelle simbolo di assoluta libertà artistica espressiva e sessuale e di una mascolinità non tossica“. Chapeau.
Altra serata di Sanremo e altro outifit. Questa volta, Gucci ha creato qualcosa di scenografico. Achille Lauro ha interpretato la Divina Marchesa Luisa Cassati Stampa. “Musa ispiratrice dei più grandi artisti della sua epoca. Grande mecenate, performer prima della performing art e opera divina vivente“.
Conclude poi le sue apparizioni con un abito di tulle rosa. Questa volta è Elisabetta I Tudor: “Vergine della patria, del popolo, dell’arte e difensore della libertà. Che Dio ci benedica“, scrive in un post.
Achille Lauro se n’è fregato, come dice la sua stessa canzone. Si è vestito da donna, ha baciato pubblicamente il chitarrista Boss Doms. L’hanno fischiato, l’hanno insultato e lui se n’è fregato. Il suo intento era solo uno: trasmettere il suo messaggio, la sua lotta contro le discriminazioni e gli stereotipi legati a ciò che deve essere “donna” e ciò che deve essere “uomo”. Ha intelligentemente spiegato anche questo: “Sono stato anche io bambina. Cinquantenni disgustosi, maschi omofobi. Ho avuto a che fare per anni con ‘sta gente volgare per via dei miei giri. Sono cresciuto con ‘sto schifo. L’aria densa di finto testosterone, il linguaggio tribale costruito, anaffettivo nei confronti del femminile e in generale l’immagine di donna oggetto con cui sono cresciuto. Sono allergico ai modi maschili, ignoranti con cui sono cresciuto“.