Quanta importanza viene attribuita ai voti nell’ambito scolastico? Un’insegnante che valuta molto negativamente un suo alunno svolge il suo ruolo di “docente severo” con l’idea di fare del bene all’allievo in modo che quest’ultimo possa applicarsi di più nel corso delle prossime prove.
Il voto ha la duplice funzione di stimolare l’alunno a dare di più ma anche di fornirgli un’indicazione utile ai fini della valutazione su quanto studiato. È però giusto fare le dovute distinzioni tra l’impegno impiegato per svolgere il compito (quindi si considera anche lo studio effettuato in aula e a casa) e il risultato ottenuto nel compito stesso. In alcuni casi l’impegno non è pari al risultato che si ottiene sulla prova.
Ma indicare ad un alunno che, nonostante si fosse impegnato al massimo non sia riuscito ad ottenere un buon risultato, è davvero stimolante? Oppure il messaggio che arriva al ragazzo è quello che in realtà è un incapace e non capirà mai la determinata materia?
Il voto è indubbiamente lo strumento più rapido per fornire una valutazione positiva o negativa, ma può esprimere significati diversi a seconda dell’ambito in cui questo viene utilizzato.
Un brutto voto in matematica può indicare una scarsa esercitazione o uno scarso apprendimento dell’argomento; un voto negativo in storia potrebbe indicare che l’alunno non abbia studiato a sufficienza. Ma le insufficienze ottenute dagli allievi sono solo da attribuire al loro scarso impegno oppure c’è dell’altro? Può essere che i professori non siano in grado di stimolarli a dovere e quindi questi non riescano ad ottenere un buon voto?
Col passare degli anni il significato del voto ha visto scemare il suo “potere”: una volta era sinonimo di stimolo e di vergogna in caso di voto negativo. È ancora così? A darne risposta sono i numerosi studenti universitari che provano a dare molteplici esami a sessione perché: “Statisticamente, pur non studiando, prima o poi l’esame si passa”. Quindi la valutazione negativa non “intimorisce” più gli studenti.
Il fatto importante è l’errato contesto in cui viene utilizzato il sistema dei voti. La sua funzione è divenuta ormai obsoleta poiché era sensata 50 anni fa dove si studiava solo a scuola e chi aveva difficoltà di comprensione veniva bocciato ripetutamente. Le cose ora sono cambiate, ma il sistema di valutazione è rimasto il medesimo, non evolvendo.
Spesso il docente è visto, agli occhi degli studenti, come un nemico da battere in astuzia: si preparano un tot di risposte esatte e si prende un buon voto. Ma questo è davvero utile? L’insegnamento non è una partita a scacchi docente contro alunno, dove l’insegnante strategicamente mette in difficoltà l’interrogato e l’allievo deve saper schivare “le trappole” rispondendo in maniera esatta. Tutto ciò è semplicemente controproducente. Concepire una scuola senza voto non significa avere una scuola senza obiettivi, ma è solo un cambio di prospettiva nel rapporto tra docenti e allievi. L’apprendimento dovrebbe essere il centro della scuola e della didattica, non il voto.
In conclusione possiamo vedere dunque come il voto abbia via via perso la sua funzione “intimidatoria” , toccando il suo culmine in ambito universitario. Gli unici ad essere ancora intimiditi da una valutazione negativa sono gli alunni delle scuole elementari. Ma l’uso del voto nella scuola primaria deve essere utilizzato con sapienza e consapevolezza, poiché proprio in quell’età inizia a formarsi la loro identità sociale ed una cattiva valutazione potrebbe essere una secchiata d’acqua gelida per quel che riguarda la loro autostima.
I voti soprattutto alla primaria e alle medie sono davvero uno strumento di valutazione vecchio, inutile e dannoso. Da un lato intimidiscono, dall’altro creano competizione. A scuola bisognerebbe progredire tutti insieme, secondo le proprie possibilità e lavorando il più possibile in gruppi, dove sviluppare la collaborazione mettendo a frutto il contributo di tutti. Si dovrebbe sperimentare di più, dare ai bambini il “potere” di creare un percorso di apprendimento basato sulla curiosità con gli strumenti giusti. La valutazione dovrebbe essere poi condivisa da tutti i componenti del gruppo e infine da tutta la classe secondo indicatori chiari come l’impegno, la ricchezza dei contributi personali ecc. Questo consentirebbe ai bambini e ai ragazzi di arricchirsi reciprocamente, di amare la cultura, in una parola, di amare anche la scuola.