È il tuo alter ego quando il tuo bambino va a scuola, che lo sostiene e lo aiuta nel suo percorso formativo. Il rapporto che instauri con la maestra di tuo figlio influirà moltissimo nella sua educazione, ecco perché è fondamentale stabilire un rapporto di fiducia. “La relazione che si crea dovrebbe assomigliare ad un “passaggio” nell’affidamento del figlio, che in questo modo imparerebbe a vedere la maestra come il suo punto di riferimento nell’ambiente scolastico. Se da parte dei genitori c’è stima, anche il bimbo riconoscerà il suo ruolo autorevole.” spiega Nicoletta Suppa, psicoterapeuta e sessuologa. Ma non sempre comunicare con l’insegnante è facile, perché alcune volte si rischia di usare parole non giuste, dando adito a fraintendimenti e malumori.
Per evitare di incrinare il rapporto con la maestra, ecco le
10 cose da non dire all’insegnante di tuo figlio
1. Sono in ansia quando lo lascio a scuola
Questo fa intendere che non hai fiducia in lei, che non le stai affidando il bambino fino in fondo. La maestra potrebbe interpretare una frase come questa in modo molto svilente. Se la madre si mostra eccessivamente ansiosa, il bambino potrebbe assorbire questo stato d’animo, sentirsi fuori luogo a scuola ed avere difficoltà a fidarsi a sua volta della maestra. E ciò potrebbe renderle il lavoro di molto difficoltoso.
2. Mio figlio non viene volentieri
È un’affermazione che sottintende una responsabilità dell’insegnante, perché sembra voler dire “è colpa tua”. Questa frase potrebbe essere sostituita da “secondo lei mio figlio si trova bene, o ha qualche difficoltà?” per lasciare aperta la possibilità di confronto.
3. Non mi piace il suo metodo
Una dichiarazione di guerra. Una frase del genere svaluta lei e il suo ruolo, pone la madre su un piedistallo da cui la maestra viene guardata dall’alto in basso. I due ruoli, invece, sono differenti e ben scissi. Non è quindi il caso di darle direttive su come deve lavorare. Se qualcosa non va, bisognerebbe piuttosto cercare di rintracciare origini e motivi del problema, incontrarsi su un terreno di confronto e non di scontro.
4. Penso ci sia disparità di trattamento tra mio figlio e gli altri alunni
È una frase con una sfumatura paranoica, da evitare perché fa sentire la maestra controllata. Non esiste una frase sostituiva, questo atteggiamento non fa bene a nessuno perché crea un clima teso. Esprime un atteggiamento intrusivo, un non-rispetto dei confini tra o ruoli. La maestra potrebbe sentirsi giudicata nel suo mestiere e quindi infastidita. Questo è l’atteggiamento più sbagliato, da evitare assolutamente se si desidera che il proprio figlio si senta in sintonia con il gruppo-classe. Potrebbe rischiare di isolarsi, condizionato dall’atteggiamento materno.
5. I compiti per casa assegnati sono troppi
È un giudizio critico, che detto così chiude il discorso senza lasciare possibilità di controbbattere, e che costringe la maestra a mettersi sulla difensiva. Meglio dire: “mio figlio ha difficoltà a finire tutti i compiti”, cercando di capire insieme a lei il perché, quale sia il suo problema.
6. Quel voto non mi sembra sia giusto!
Questa affermazione implica un desiderio implicito di sostituirsi alla maestra nella valutazione scolastica del bambino. Il concetto si può riformulare in una domanda che esprima cooperazione, che faccia sottintendere che il bambino ha volontà di migliorare e che la mamma è pronta da sostenerlo. Ad esempio, si potrebbe dire: “c’è un modo in cui posso aiutare/seguire mio figlio per recuperare?”. In questo modo si rende evidente alla maestra la delusione del bambino, non in termini polemici ma motivazionali.
7. Non ha finito il tema perché il pomeriggio ha lezioni di basket
Frasi simili danno a intendere che si dà più importanza all’attività sportiva che alla scuola. Potrebbe indispettire la maestra, oltre a dare un’idea sbagliata sull’importanza dei vari impegni al bambino. Certo, qualche volta può accadere, ma non va usata come scusa né di abitudine.
8. Il bimbo si annoia in classe
Una frase simile sminuisce il lavoro dell’insegnante, perché l’accusa di non essere capace di insegnare nel modo corretto. La noia potrebbe essere vista dalla maestra in senso autocritico: come se le sue lezioni non fossero abbastanza interessanti o condotte male. La noia dà responsabilità all’altro. È importante, invece, mantenere aperto il discorso, riportandolo sul bambino, mantenendo il ruolo attivo della maestra. Si potrebbe per esempio dire: “mio figlio dice che ha problemi a mantenere l’attenzione, potrebbe aiutarlo a trovare il modo di concentrarsi?” lasciando aperto il confronto con l’insegnante.
9. Dovrebbe cambiare posto a mio figlio perché non va d’accordo con il compagno di banco
Non intromettersi mai nelle dinamiche della classe, a meno che non si sospettino cose gravi. Un’antipatia va gestita autonomamente dal bambino, ed è compito della maestra valutare l’equilibrio del gruppo. Si potrebbe in questo caso consigliare al bambino stesso di parlarne con la maestra. Se il piccolo frequenta le elementari vale lo stesso discorso, in termini più semplici. Oppure si potrebbe informala che questo disagio esiste, senza suggerirle come risolvere la situazione, ovvero spostarlo di banco, ma chiedendole di approfondirne le ragioni. In questo caso si porta alla luce il problema, ma si lascia a lei il compito di trovare il modo migliore per risolverlo.
10. Il prossimo anno cambieremo scuola
Questo è un annuncio di guerra, da evitare perché va a incrinare il rapporto con la maestra, creando un’atmosfera tesa e controproducente per il bambino. Anche se si sta valutando questa opzione, non è il caso di esprimerlo platealmente. Meglio cercare un confronto con la maestra, per capire se il rapporto si possa riparare prima di prendere decisioni drastiche.
fonte: http://bit.ly/1zxuNa3
Sicuramente tutti bei consigli di comodo, che al 99% scaricano sul bambino le responsabilità che deve assumere una persona a cui viene data la fiducia della famiglia. Certo smussare gli angoli e buttarla in politica è più conveniente. Ma è anche più ipocrita. Una brava maestra professionalmente preparata , quando nota in un bambino una deficienza nel profitto, o dell’apprendimento o anche una poca capacità di interesse ai lavori in classe, deve Lei essere in grado di captarne i segnali e conoscere i rimedi opportuni. Avere una classe fatta di tutti sapientini e perfettini è facile da gestire. A chi non piacerebbe ? Solo chi ha rari doti di comprensione e professionalità dovrebbe poter svolgere questa missione. I genitori consegnano alla scuola un pezzo di legno, stà alla maestra saperlo scoplire e farne prima un burattino e poi un bambino con l’anima.
Nessun bambino che arriva a scuola, per quanto piccolo sia, è un pezzo di legno, ma un animo vivo, con i suoi gusti, la sua personalità, la sua seppur breve storia personale. Non vedo il nostro compito come quello di limitarsi a scolpire un passivo pezzo di legno; preferisco pensare, come Michelangelo, che il nostro compito sia quello di liberare dal marmo l’anima latente in esso imprigionata, quello di far sbocciare in tutta la sua bellezza ed originalità ciò che è ancora soltanto il bocciolo di un futuro fiore meraviglioso.