Ogni mattina ti svegli ripassando mentalmente il programma da fare, quando ti si visualizzano a blocchi le classi per poi tramutarsi in innumerevoli giovani visi.
Arrivi a scuola. Nel saluto e nei silenzi di ognuno di loro vi scorgi il carattere, le storie, dei pensieri e delle paure, avvertendone fisicamente la forza e le debolezze tipiche della loro età.
La vita del docente è un’altalena tra un “vaffa…” detto con gli occhi o strozzato tra i denti e tanti meravigliosi complici sorrisi, e lavorando paziente per smaltire l’ira dei vaffa con nuova fiducia e fresche consapevolezze, ti nutri di quegli sguardi che “ti aprono il cuore”.
Quegli sguardi che hanno capito la differenza tra sentire ed ascoltare e imparato a darti l’attenzione che ricevono, ti dimostrano che anche tu sei importante altrettanto come loro lo sono per te.
Poi, quando li vedi crescere e risorgere ad ogni attenzione, ascolto ed incoraggiamento, ogni volta che confessi di non esser nato docente ma di esser passato dai loro stessi banchi e vissuto i loro stessi dubbi, scopri di esser capace di “uccidere e morire” per difendere ognuno dei loro sogni, proprio come faresti per tuo figlio e tua figlia.
Sono in questi quotidiani momenti che sei avvolto da un desiderio mistico di ringraziamento, per avere la possibilità di fare il lavoro più bello del mondo: insegnare è segnare una vita per sempre sentendone la grave e amorevole responsabilità.
Francesco Adragna, insegnante – distretto scolastico “Edith Stein” di Gavirate, Varese
Sono felice di vedere un mio testo affiancato alle immagini di un film così bello. Per me che nutro la consapevolezza del “segnare” dell'”Insigno e del “tirare fuori” dell’Educere è importante vivere il mio ruolo di insegnante come un’interminabile scambio circolare di stimoli cognitivi ed emotivi.