A proposito dei compiti a casa

Con l’inizio della scuola primaria, si abbatte su numerose famiglie l’incubo dei compiti a casa.

Oggi infatti i compiti sono diventati un fenomeno “sociale”: investono l’intero nucleo familiare e costringono numerose mamme a mettersi letteralmente a servizio di figli svogliati, disattenti e con poca motivazione.

Per evitare la tragedia pomeridiana dei compiti a casa, è necessario ricordare alcuni principi pedagogici e alcuni valori in difesa della scuola e dello studio. Lo studio infatti è un valore e come tale va difeso.

Per uscire dalla crisi, per realizzarsi nella vita, per non essere sudditi, per abitare la Storia da protagonisti e non da comparsa, per, infine, partecipare alla costruzione di un mondo migliore, c’è bisogno di passione, di capacità di impegnarsi, di tolleranza della fatica.

 compiti a casa

Nella nostra società, l’istituzione che offre questa magica sintesi di valori etici e competenze tecniche, è senz’altro la scuola, pur con tutti i limiti che mostra.

Da sempre la scuola non è solo un luogo dove si acquisiscono nozioni, conoscenze e capacità adatte a svolgere in seguito le attività lavorative, ma anche un luogo in cui si deve acquisire l’attitudine a lavorare: attitudine, gioco forza, al sacrificio, all’impegno, allo sforzo, alla rinuncia.

Se la scuola perdesse la funzione di allenare a tutto ciò (a passare tante ore con l’insegnante e i compagni di classe, a rispettare le regole, a confrontarsi con gli altri, a sforzarsi per raggiungere un obiettivo, a reggere le inevitabili frustrazioni) non avrebbe più ragione di esistere: sarebbero sufficienti corsi on line da seguire comodamente sdraiati sul divano di casa tra un cartone animato e l’altro, tra una video game e l’altro, tra una spremuta e un pacchetto di noccioline.

 

I compiti a casa fanno parte di questo progetto.

Non che la scuola debba trasformarsi in una accademia militare basata sulla disciplina e il rendimento a tutti i costi, tutt’altro! Lo sforzo dell’istituzione scolastica rimane quello di rendere piacevole ciò che appare ostico, di trasformare in qualcosa di stimolante quanto può sembrare noioso e inutile, di aiutare, con impegno maggiore, alunni e studenti che mostrano difficoltà e disagio.

All’interno di questo processo educativo, peraltro ancora da raggiungere, la scuola deve però favorire il senso di responsabilità e addestrare allo sforzo, unica strada per diffondere e mantenere l’Etica.

Bambini e ragazzi sono oggi molto protetti e dispongono di molti agi. Sono abituati ad accedere a qualsiasi bene e a qualsiasi cosa desiderano e, se non stimolati a dovere, non sono certo soliti avventurarsi in impegni o fatiche.

Alunni e studenti non hanno la percezione che il fine dello studiare a casa consiste nel consolidare l’apprendimento (anche attraverso la fatica) né credono che studiare sia poi così necessario.

Purtroppo queste errate convinzioni le mutuano proprio dai genitori.

 

Sempre più spesso bambini e ragazzi sentono commenti non proprio edificanti verso la scuola; troppe volte si ingaggia un assurdo braccio di ferro con gli insegnanti con l’obiettivo di difendere il proprio figlio “a prescindere”, a spada tratta, addirittura con veemenza.

Non ci si stupisca se poi fare i compiti a casa diventa un vero strazio.

Assegnare i compiti a casa è, da parte di ogni docente, un fatto di buon senso: sarebbe opportuno non “caricare” e soprattutto non delegare tacitamente alle famiglie quanto non si riesce a fare a scuola: questo non dovrebbe accadere.

 

Fare i compiti è però necessario, almeno quanto gli allenamenti di un atleta prima della gara: ve lo immaginate un calciatore che non si allena mai e si presenta soltanto per la partita della domenica?

A scuola è il tempo dell’ascolto, del confronto, della verifica; a casa è il tempo e lo spazio della riflessione, del consolidamento, del lavoro intellettuale.

E’ pur vero che i compiti danno fastidio: talvolta rovinano il fine settimana; non permettono libertà di movimento e di riposo anche perché i compiti sono spesso eseguiti dai genitori perché, “poverino, se non li facciamo insieme, non ne vuole proprio sapere di studiare!”; in barba all’autonomia, al senso di responsabilità, all’imparare a… faticare, di quella fatica mentale di cui oggi ce n’è grande bisogno, ma che spaventa tanto.

I compiti a casa, di sicuro, non aiutano le donne lavoratrici, creano disagio e stress soprattutto se si sceglie di offrire al figlio diverse attività extra scolastiche (nuoto, danza, calcio, chitarra, karate) da svolgere sempre a ritmi serrati, ma la scuola non può essere la risposta ai problemi sociali: essa ha dei compiti culturali da rispettare.

Se poi si vuole “tagliare” sempre sulla cultura… che si cominci pure dai compiti a casa.

 

Rosanna Schiralli per Your Edu Action


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8 commenti su “A proposito dei compiti a casa”

  1. Dissento. I compiti sono fondamentali? ne convengo ma allora che si facciano a scuola. La scuola si organizzi non per insegnare ma per far si che i ragazzi imparino tutte le cose giuste e sane che sono state elencate. Fuori dalla scuola si impara ancora, ma lasciateci decidere cosa come e quando. Avete riportato un ottimo esempio. Quello della partita di calcio. Perchè la scuola copre solo il ruolo della partita domenicale? Ed i compiti a casa sarebbero l’allenamento settimanale? Chi fa scuola calcio si allena nella scuola calcio, non si dice ai ragazzi ora tornate a casa e fate 100 palleggi …. E’ la scuola il luogo deputato a quel tipo di lavoro, e fuori dalla scuola i ragazzi imparano dell’altro. Perchè fare danza o studiare uno strumento musicale non è apprendimento? non è cultura? Mi spiace ma proprio non ci siamo, neanche con questo vostro atteggiamento abbastanza irriverente rispetto ai genitori con i vostri “poverino se non li facciamo insieme non ha voglia di studiare” . Ma per favore ma come vi permettete di etichettare così le famiglie! I dati della ricerca OCSE danno conferma del ruolo dei compiti a casa, siamo il Paese meglio posizionato in termini di compiti a casa (9 ore settimanali minimo) e peggio messi in termini di capacità misurate dei ragazzi. Mi spiace “basta compiti” invece e che la scuola si reinventi, si aggiorni, motivi i ragazzi, li coinvolga, Sono certa che tutti questi ragazzi “svogliati” di cui si parla sono il frutto di una scuola che non è piu’ al passo con i tempi.

  2. Poverini, i bambini in alcuni altri paesi Europei, dove non hanno compiti alla scuola elementare o almeno pochissimi però hanno tempo per giocare, fare sport o musica. Sono davvero messi male. O no? Come si spiega che Italia ottiene risultati inferiori alla media dei Paesi dell’OCSE ma è uno dei paesi del mondo che da più compiti (dopo la Russia)? http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2014-12-14/in-italia-troppi-compiti-casa-non-garantiscono-rendimento-scolastico-soprattutto-i-piu-poveri–155641.shtml?uuid=ABP0KgQC
    Riflettiamo…

  3. Trovo che l’articolo esprima in poche righe una imbarazzante contraddizione. In prima battuta si dice “Per uscire dalla crisi, per realizzarsi nella vita, per non essere sudditi, etc” per poi continuare con l’affermazione secondo la quale (la scuola è) ” luogo in cui si deve acquisire l’attitudine a lavorare”, ovvero, secondo il mio pensiero, assoggettare le giovani menti ad un modello, quello capitalistico attuale, secondo cui bisogna sempre lavorare per guadagnare, per consumare, per tornare a produrre e di nuovo consumare. Se questo non è “essere sudditi”, non so proprio come definirlo. Questo modo di pensare assomiglia più ad un processo messo in atto fin dall’infanzia per abituare i bambini ad accettare di non poter avere altre passioni al di fuori dell’attività lavorativa. Chi dice che “per realizzarsi” sia necessario questo genere di sacrificio? Chi dice che debba per forza essere così per tutti? No, la scuola deve essere in primo luogo un’ambiente in cui si stimola la curiosità e la passione per il sapere. Ogni bambino avrà tempo e spazio per capire quali sono le sue aspirazioni e verso dove vorrà indirizzare la propria vita. Troppo spesso ci dimentichiamo di quanti, nel corso della storia, non hanno lavorato, secondo il senso comune che oggi attribuiamo al lavoro, ma nondimeno hanno contribuito allo sviluppo, alla crescita e al miglioramento del pianeta.

    • Che commento imbarazzante, cara Alessandra!!!!
      Questo editto al non lavoro, al non sacrificio è la base di ogni regime totalitario. Di questo passo lasceremmo i nostri figli nell’ignoranza: in fondo perchè imparare a leggere e scrivere? Si vergogni di scrivere queste cose.

  4. Una volta si imparava quasi tutto a scuola, con pochi libri e bravi maestri. Si faceva qualche compitino a casa per fissare quanto imparato ma si giocava tanto. Si lavorava più a scuola e con meno mezzi ma il livello culturale che si raggiungeva era molto più alto e ci arrivavano la maggioranza dei ragazzi, non solo i più bravi.
    Oggi molti genitori spiegano a casa quello che non è stato spiegato a lezione ai figli…
    Se c’è un elemento che non dovrebbe cambiare a scuola è proprio l’insegnante come guida, che insegna a imparare, a riflettere, a trarre conclusioni: che INSEGNA.

  5. Se i compiti sono una messa a punto di quello che hanno già affrontato a scuola ben vengano. Ma se diventano punitivi assolutamente no. Ditemi se vi sembra normale che dei ragazzini di prima media (classe musicale con due rientri pomeridiani di strumento e orchestra e allenamento quasi quotidiano allo strumento) debbano ritrovarsi con due capitoli di storia, un paio di geografia, una decina di pagine sul tessile, sulle composizioni tessili etc, una quindicina di pagg di letteratura e altrettante di mate, altrettante di scienze, decine e decine di esercizi di mate- inglese-francese, svariate e svariate ricerche (ma non col computer, per carità, scritte a mano! , una decina di tavole di disegno tecnico, poesie lunghissime da imparare a mem, pagine di motoria da studiare… Sto dimenticando qualcosa ma questo è il carico dei compiti tra Natale e l’Epifania, tralasciamo che i bimbi si ammalano anche e che magari il giorno di Natale e San Silvestro avrebbero il diritto di far festa, mi spiegate quando lo trovo il tempo magari di portarli che so, a una mostra, a fare un viaggetto fuori porta oppure solo il tempo per rilassarsi un momento senza fare assolutamente niente? La scuola dovrebbe essere inclusiva e non esclusiva. Pollice verso.

  6. Pessima affermazione dire “Idealmente, vorremmo che i bambini capiscano che sono sempre studenti. A scuola, ci riferiamo a loro come “studenti”, ma al di fuori della scuola, i bambini, sono sempre studenti. “.
    Ritengo che a scuola i bambini sono studenti, ma al di fuori della scuola i bambini sono semplicemente naturalmente è dignitosamente BAMBINI con la loro vita privata e i loro diritti!!

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