Appare sempre più evidente che sulla scuola incombe la scura ombra dell’ex ministro Fornero. Non per nulla, il suo intervento in materia pensionistica pesa come un macigno sugli insegnanti italiani.
Infatti, visto il cosa sia riuscita a fare con le pensioni, il nostro paese sarà noto anche per avere il corpo insegnante tra i più anziani del mondo. Questa inquietante fotografia, relativa all’anzianità degli insegnanti italiani, non è il frutto di una credenza popolare, ma è stata scattata da una autorevole fonte.
È direttamente l’Ocse, e cioè l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, a dire che nella scuola italiana, ogni tre insegnanti italiani uno è over cinquantenne.
Tradotto in numeri, con questa rilevazione dell’Ocse, si evidenzia come nel nostro Bel Paese, il corpo insegnanti che ha più di cinquant’anni è presente nella scuola secondaria superiore per il 73%, nella scuola primaria per il 57% e che nelle nostre università i docenti con una età superiore ai 50 anni è il 51%.
Invece, se ipoteticamente si attraversasse i corridoi di una scuola primaria del Regno Unito, si potrebbe osservare che sono under 30 ben ventinove insegnanti su cento.
Ma è alla Turchia che spetta la vittoria degli insegnanti più giovani, un record vero e proprio visto che ogni cento insegnanti ve ne sono addirittura trentacinque che non neppure ancora soffiato le candeline dei trent’anni. È, inoltre, da sottolineare che nella scuola italiana, la popolazione complessiva dei docenti supera, in maniera abbondante, il milione di persone.
Quindi, in effetti, vi è una forte ed evidente discrasia tra il proposito espresso dal decreto noto come “Buona Scuola” e l’effettiva possibilità di “rimodernare” il corpo docente.
È, d’altronde, davvero incredibile ipotizzare di mettere in atto una riforma che sia in grado di poter essere, non solo effettivamente concorrenziale, ma in grado di assicurare un sistema di istruzione degno di questo nome.
Non per nulla, per adesso, per il passaggio di testimone ad un collega più giovane, necessita, avere al 31 dicembre del 2016, una età minima che deve essere esattamente di sessantasei anni e sette mesi, e vent’anni, almeno, di contributi.
L’unica alternativa in essere, è data da quella nota come pensione anticipato, un evento per il quale si deve avere, sempre per la fine del 2016, a disposizione un qualcosa come quarantadue anni e dieci mesi di anzianità contributiva. Per il gentil sesso, invece, un anno in meno, un pensiero carino.
Ovviamente, di fronte a un quadro così definito, pare più che legittimo domandarsi se i capi d’istituto abbiano quella giusta età per consentire un reale traghettamento della scuola in Italia verso il terzo millennio, oppure siano troppo anziani per farlo.
Quel che è certo, è che la nostra scuola, da oramai svariati anni, vive più di autunni che di primavere, e di tutto questo non ne risente in maniera esclusiva l’interno corpo docente, ma tutti gli alunni, proprio quelli che, in un prossimo ma incerto futuro, dovrebbero prendere in mano le leve di comando, ovviamente Fornero permettendo.
Non è, infatti, impensabile che un più che naturale ricambio generazionale sia stato compromesso e che il futuro, di conseguenza, sia molto grigio, sotto ogni punto di vista.