Spesso si parla delle vacanze scolastiche come di un periodo di tempo troppo lungo, non produttivo e che incide sulla preparazione degli studenti e sulla continuità dell’insegnamento. Per non parlare poi dell’associazione “tre mesi di vacanza per i ragazzi” con “tre mesi di vacanza per i docenti”, ingiusta ma soprattutto errata, visto che non si tengono mai in considerazione gli scrutini, gli eventuali esami e le riunioni di fine e inizio anno scolastico.
Prima di tutto è fondamentale ricordare che il esiste un numero di giorni di vacanza annuali e che tale numero è più o meno simile in tutta Europa, quindi è il modo in cui i giorni di vacanza sono ripartiti che differenzia i vari sistemi scolastici, e non il numero totale. Sotto questo aspetto, per esempio, l’Italia è tra i Paesi, come la Danimarca e i Paesi Bassi, che raggiungono i circa 200 giorni di lezione all’anno, a differenza della maggior parte degli altri Stati europei, dove gli alunni vanno a scuola circa 185 giorni all’anno.
Inoltre, attualmente non esistono dati che confermino una relazione positiva tra un numero inferiore di settimane consecutive di vacanza e un miglior rendimento scolastico, perciò sembra inutile paragonare le 6 settimane di vacanze estive del Regno Unito e della Germania con le 12 settimane italiane. Se e fino a che punto la ripartizione dei giorni di vacanza incide sull’apprendimento degli alunni non è stato provato in nessuna analisi, per cui saltare alle conclusioni sembra un passo affrettato.
Infine, ci sono altri elementi e fattori da considerare: per esempio, mentre quasi tutti i Paesi europei hanno il mese di luglio e metà del mese di agosto di vacanza, sarebbe impossibile chiedere agli studenti e agli insegnanti italiani di andare a scuola il 20 agosto, a meno di non installare un impianto di aria condizionata in ogni plesso! È impossibile perciò fare il paragone con i modelli adottati in Paesi del nord Europa che non possono essere riutilizzati nelle scuole italiani per evidenti esigenze differenti.
Ma pensare insieme ad una loro rivalutazione si!!! Senza preconcetti da parte di tutti: famiglie e corpo docente. Il fine ultimo non sarebbe quello di mettere nelle condizioni migliori gli studenti?
Viviana
Ho vissuto 20 anni tra Francia e Italia, ma sono un’insegnante italiana… in Italia, il numero di giorni coincide è vero, ma sono ripartiti in modo diverso e non concordo con le motivazioni che supportano la modalità italiana. Ormai i nostri ragazzi terminano la scuola i primi di giugno (quest’anno tra ponti ed elezioni fine maggio) e riprendono a metà settembre e le settimane diventano 16, poi durante l’anno non hanno pause, se non le vacanze di Natale e 5 miseri giorni a Pasqua, arrivano stanchissimi a fine scuola e stufissimi a fine vacanza. Tra l’altro una pausa così lunga fa perdere i ritmi e i “saperi”, quindi bisogna riempirli di compiti (in Francia non esistono compiti delle vacanze mai!)… a fine agosto fa troppo caldo per tornare in classe? E nel sud della Francia come fanno? Certo non hanno l’aria condizionata in tutte le classi, ma i ventilatori a soffitto basterebbero sicuramente.
A Milano il problema principale è l’inquinamento invernale legato ai riscaldamenti, pause più lunghe in inverno farebbero bene anche all’aria che respiriamo, insomma le motivazioni non mi convincono né come mamma né come insegnante. Più giorni di scuola no, ma meglio ripartiti sicuramente si!
Ho un nipote francese il cui nonno materno è un insegnante di scuola primaria. I giorni di scuola sono gli stessi, ma suddivisi diversamente.
Anch’io sono un’insegnante e durante le vacanze gli somministro le prove INVALSI , quelle degli anni passati.
Ha sempre ottenuto ottimi risultati , evidentemente i percorsi formativi funzionano!
Il solito vizio italico. I critici e i giudici sono quelli che conoscono poco o niente di quello che si permettono di criticare e/o giudicare!
Salute, il problema non è la lunghezza delle vacanze ma la qualità dell’insegnamento e la mancanza di supplenze quando mancano gli inegnanti i ruolo !!!